Berlusconi tra la politica e le lenzuola: la sinistra s'aggrappa agli zulu

Giulio Bucchi

Neanche nello Zimbabwe. Nemmeno lì si ritrovano così scarse tracce di moralità come in Italia, dove nessuno si scandalizza più per nulla,  figuriamoci per il bunga-bunga di Silviuccio nostro. Pare infatti che i nostri connazionali tendano a giustificare le serate allegre di Berlusconi e il viavai di ragazze che le anima:  non lo diciamo noi, ma una fonte insospettabile, cioè il sondaggio di Ilvo Diamanti uscito  ieri su Repubblica.  Chi s’indigna per il comportamento disdicevole del Cavaliere  sono invece l’opinione pubblica e i giornalisti africani, almeno secondo quanto riportava l’Unità di domenica, attraverso ampia e documentata rassegna stampa, secondo cui dalle sorgenti del Nilo alle cascate Vittoria il Continente Nero è tutt’un fremito di sdegno. E, per il quotidiano diretto da Concita De Gregorio, ne ha ben donde. Come sentenzia lo scrittore senegalese Boubacar Boris Diop, intervistato da Abidjan.net della Costa d’Avorio, è ora di piantarla di «guardare solo ai guai africani», è il momento di gridare  che «nessun capo di Stato al mondo si comporta in maniera così indegna come Berlusconi». Giusto, perdinci. Perché -  quando si può criticare Silvio -  occuparsi delle vicende di Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, presidente di turno dell’Unione Africana, uno che ha deposto fucilandolo il dittatore suo predecessore (e parente), è al potere dal 1979,  si vanta di parlare con Dio e fa circolare con soddisfazione la voce di essere cannibale?   La mappa tratteggiata dall’Unità  mostra un’Africa compatta nel disgusto per il premier. Secondo l’autorevole Botswana Gazette, egli dovrebbe «riconoscere immediatamente la vergogna della propria politica». Dice poi Mwaura Samora, opinionista al vetriolo per il Daily Nation del Kenya, che Silviuccio è molto più scostumato del presidente sudafricano Jacob Zuma. Quest’ultimo ha cinque mogli e venti figli, ma il suo comportamento rientra nei canoni della «cultura zulu». In base alla medesima cultura zulu, invece, «il fasto e la pompa con cui Berlusconi conduce la sua vita privata rimanda l’immagine di un corrotto imperatore romano». Come s’indignano, questi zulu. Loro sì che hanno la schiena dritta, mentre i poveri italioti - almeno nel mondo da favola dipinto dall’Unità - sono ormai naufragati nello scempio di ogni decenza. Come non essere d’accordo? Che volete che rappresenti il sondaggio di Ilvo Diamanti di fronte al prestigio universale di cui godono il Madagascar Tribune o Le Soft del Congo? Persino l’incorruttibile Zimbabwe Times ammonisce il capo del governo, che disastro.   Pensate che L’Express delle isole Mauritius è preoccupatissimo per la libertà di stampa, poiché, scrive,  il Biscione vuole «ridurre al silenzio l’Unità e Repubblica». Poi uno apre la succitata Repubblica e si trova il pezzo di Diamanti, lampante: «Un italiano su quattro si dimostra “indulgente”. Giudica cioè i comportamenti e gli atteggiamenti di Berlusconi “discutibili ma non gravi”». Esclusi gli ultrà del premier (il 16% di “ammiratori”), molti moderati - a destra e a sinistra - non condannano ciò che il Cav fa a casa sua. Tra questi anche un 17% di elettori del Pd, un 31% dell’Udc e pure un 29% di seguaci del movimento Cinque Stelle. Tra i leghisti, che a sinistra molti vogliono disgustati dall’alleato e dai suoi festini, c’è un 27% di “indulgenti” e addirittura un 41% di “ammiratori” di Silvio. Lo ammette a malincuore, Diamanti: «Le avventure private del premier non hanno traumatizzato gli italiani». Neppure i cattolici praticanti, che per il 28% «si dichiarano indulgenti».  Noi ce ne freghiamo del bunga bunga; gli zulu, beati loro, sono inferociti. Si consolino dunque l’Unità e Repubblica: qualcuno nel mondo che sia d’accordo con loro c’è. E  si ricordino il proverbio che riporta il Saturday Post dello Zambia: «Siccome un babbuino non riesce a vedere il proprio “posteriore” considera ridicola la bruttezza del posteriore altrui». Ci pensino, gli amici progressisti, quando ridacchiano del «culo flaccido» di chi sappiamo. di Francesco Borgonovo