Parigi, haute couture tra suggestioni dal passato e tessuti hi-tech

Cristina Dei Poli

Cosa sarebbe Parigi senza la sua haute couture? Culla della moda come nessun’altra città, la capitale francese proprio in questi giorni abbraccia le grandi griffe dell’alta moda convulsamente impegnate in una fashion week tutta abiti fiabeschi e esercizi sartoriali. Non è facile parlare di couture, perché sono poche- si tratta di alcune centinaia in tutto il mondo - le clienti, spesso regine o principesse, che possono permettersi di spendere decine di migliaia di euro per un abito, che sia da sera o da sposa, senza contare poi che i tempi dell’haute couture coincidono ormai con difficoltà con la frenesia della vita quotidiana, eppure alta moda rappresenta un sogno per molte, una parentesi rara e inarrivabile sospesa tra le più concrete stagioni del pret à porter, uno specchietto per sedurre clienti attratti da brand che se ne contendono l’attenzione a colpi di spettacolarità. Proprio parlando di spettacolarità una delle maison più attese della settimana dedicata all’haute couture è stata senza dubbio Christian Dior, che anche questa volta non ha deluso le aspettative di quanti si chiedevano cosa avrebbe tirato fuori dal cilindro il favoloso John Galliano.  Ebbene, la nuova couture di Dior guarda alla tradizione solida della maison, quella che diversi decenni fa legava la vision sofisticata del fondatore della casa di moda al tratto nervoso e suadente dell’amico Renè Gruau, e rispolvera la silhouette lanciata dal new look del couturier, esasperata nelle dimensioni costruite a suon di metri e metri di sovrapposizioni di tulle e rinvigorita da lussuosissimi esercizi sartoriali e dai colori caramellosi che virano dal chiaro allo scuro grazie al degradé. Dal passato di Dior al futuro di Armani, Re Giorgio sfida invece il classicismo della couture con una collezione ambientata nel futuro, un tripudio di linee strizzate, colori metallizzati, tinte preziose come gioielli,  tessuti sperimentali ottenuti dalla combinazione di seta, rayon, raso e metallo, e accessori – fra tutti i cappelli in plexiglass a forma di disco-  degni di un serial sci–fi. L’alta moda di Chanel è rosa. La maison vive di una nuova giovinezza e archivia per il momento camelie e perle per lasciare spazio a jeans e scarpe basse. Karl Lagerfeld non tradisce lo spirito della maison, ne conserva lo stile e l’immancabile tweed , ma punta probabilmente a conquistare una clientela più giovane solleticandola con pantaloni che sembrano quasi leggings e paillettes, e proponendo una moda graziosa capace di rivoluzionare la comune concezione di couture. E i tacchi alti? E i fronzoli? E i capricci? Banditi dalla passerella della maison, che il lusso lo esprime a suon di tessuti preziosi e ricami articolati, lasciando al confort il ruolo di protagonista. Quando si dice puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Givenchy ancora una volta sceglie di non calcare la passerella. Riccardo Tisci presenta all’ Hotel d'Evreux di Palce Vendome la  sua preziosissima micro collezione couture composta solamente da 10 abiti, ma uno più prezioso, sognante e ispirato dell’altro. Le donne di Givenchy volano leggiadre come uccelli dalle piume d’oro su romantici cieli giapponesi.  L’ispirazione arriva dall’artista della danza Kazuo Ohno, e si traduce in preziosi ricami costati ore ed ore di lavoro ai più abili professionisti del mestiere. Parigi è in questi giorni la fiera del lusso che più lusso non si può. Ma non stavamo attraversando una crisi economica? Il mondo forse, ma la couture no.  Secondo Sidney Toledano, CEO di Dior anzi, quello appena concluso è stato un anno d’oro per le griffe dell’alta moda.  di Donatella Perrone