Proteste in Egitto contro Mubarak: centinaia di arresti
Manifestanti e polizia hanno ingaggiato nuovi scontri in Egitto, con episodi di violenza al Cairo, Suez e nel Sinai. Al Cairo, in particolare, un piccolo gruppo di giornalisti e avvocati egiziani ha tentato di manifestare davanti al sindacato dei giornalisti. Poco prima, nello stesso luogo, era stato arrestato, con un blitz il segretario generale del sindacato, Yayha Qalash, in seguito rilasciato dietro pressione dei suoi colleghi della stampa. La polizia ha rapidamente bloccato la rivolta picchiando i manifestanti con manganelli ed effettuando arresti in massa: secondo quanto fatto trapelare da fonti della sicurezza, soltanto al Cairo almeno 500 dimostranti sono stati arrestati per aver sfidato il divieto a dimostrare imposto dal ministero dell'Interno. Dopo la liberazione, i giornalisti hanno spostato la loro protesta in piazza Tahrir. DIVIETO DI MANIFESTARE - In risposta alle porteste, per evitare ulteriori scontri, il governo egiziano ha annunciato nella mattinata di mercoledì che non saranno tollerate altre proteste contro il presidente Honsi Mubarak dopo quelle di ieri: divieto di manifestare. La dichiarazione del Ministero dell'interno egiziano è arrivata proprio mentre i gruppi dell’opposizione hanno convocato via internet una seconda giornata di protesta nella centrale piazza Tahir del Cairo. Chiunque parteciperà alle dimostrazioni sarà fermato e incriminato, hanno reso noto fonti del dicastero. LA SECONDA GIORNATA - In mattinata, la polizia ha cercato di dispendere con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua le decine di manifestanti che si erano concentrati nella notte a piazza Tahrir nel centro del Cairo. Alcuni gruppi di protesta hanno tentato di radunarsi anche di fronte alla moschea di al-Hasra, nella periferia della capitale, nonché in altre zone del paese. Martedì nelle proteste contro il presidente Hosni Mubarak, ha provocato diverse vittime. L'ultima, la quinta della prima giornata, è deceduta in seguito alle percosse ricevute. Finora si contavano 3 morti a Suez ed un agente al Cairo. "TUTTI IN PIAZZA" - La tensione resta altissima. Un gruppo dell’opposizione egiziana ha chiamato nuovamente gli egiziani in piazza per proseguire con i cortei, i primi in 30 anni del governo del presidente Mubarak. Il gruppo "Movimento 6 aprile", tra gli animatori delle proteste, ha nuovamente esortato la gente a raggiungere la principale piazza del Cairo, la stessa che è stata liberata con la forza all'alba di martedì. "Tutti devono raggiungere piazza Tahrir per prenderla in consegna di nuovo", ha scritto il gruppo sulla sua pagina di Facebook. La polizia e l’esercito sono già schierati in forze a Tahir Square, mentre il governo ha bloccato l'accesso a Facebook e Twitter. USA E GERMANIA PREOCCUPATI - L'acuirsi della tensione in Egitto preoccupa gli Stati Uniti, il principale alleato del Cairo. La Casa Bianca ha esortato "il governo egiziano a recepire le aspirazioni del popolo per portando avanti le riforme politiche, economiche e sociali che possono migliorare la vita della gente e aiutare l’Egitto a prosperare. Gli Usa sono impegnati a lavorare con l’Egitto e il popolo egiziano per raggiungere questi obiettivi". Da Parigi il ministro degli Esteri Michele Alliot-Marie ha espresso rammarico "per le vittime". Anche il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha detto che Berlino è "molto preoccupata" per le proteste in Egitto. La Germania fatto un appello alle parti perchè evitino ulteriori violenze. "Siamo molto preoccupati per come la situazione si sta sviluppando in Egitto", ha detto Westerwelle ai giornalisti. "Chiediamo alle parti di usare cautela e rinunciare alla violenza". Sulla questione si è espressa anche l'Unione europea: "Le autorità dovrebbero ascoltare le richieste della gente", ha detto Maja Kocijancic, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea FRATTINI - L'esecutivo italiano, da par suo, spera "che (Hosni) Mubarak continui come sempre ha fatto a governare con saggezza e lungimiranza" perché "l'Egitto è punto di riferimento per il processo di pace che non può venire meno" e per scongiurare una "deriva fondamentalista". Questa la posizione espressa da Franco Frattini. Secondo il ministro degli Esteri la situazione in Egitto è diversa da quella tunisina: "Non vedo una similitudine perchè vi sono situazione diverse. In Egitto vi si sono pulsioni estremiste islamiche ed è quanto in Tunisia non abbiamo visto". In ogni caso il titolare della Farnesina esclude che l’Europa "possa e debba dettare una ricetta" ma "dobbiamo limitarci a incoraggiare" l’impegno "della società civile, laica come è avvenuto in Tunisia".