Milano mette il cappello: in mostra il cinema di Borsalino
Alla Triennale si racconta l’esclusivo rapporto che da sempre lega il cinema con il cappello, tra modelli importanti e scene cult Cinema e costume. Due realtà che inevitabilmente si fondono beneficiando l’una dell’altra. Un costume nel cinema racconta di un’epoca storica, di un’atmosfera, e persino del carattere di un personaggio, e un accessorio come il cappello può arrivare a giocare la parte del protagonista nella costruzione della personalità di un personaggio determinandone le diverse sfumature. In fondo Indiana Jones senza il suo cappello sarebbe stato così credibile? Probabilmente no, e chissà se Humphrey Bogart col solo impermeabile sarebbe stato ugualmente affascinante in Casablanca. Senza contare l’importanza della bombetta di Charlot, che nell’epoca del muto in pellicola ha contribuito a riempire di parole l’atmosfera dei suoi film. Borsalino lo sa bene, importante com’è stato per la cinematografia internazionale, tanto da diventare lui stesso protagonista del titolo di alcuni film (Borsalino e Borsalino & co, entrambi realizzati da Jacques Deray negli anni ‘70) e confermando l’accessorio-icona come un must dell’abbigliamento quotidiano così come del costume cinematografico. Proprio su questo particolare rapporto d’amore e completamento fatto di poesia e gesti teatrali indaga la mostra "Il cinema con il cappello: Borsalino ed altre storie" ospite della Triennale di Milano fino al 20 marzo. L’esposizione, curata da Elisa Fulco e Gianni Canova, accoglie il pubblico in un grande cilindro che, al pari di una fantascientifica macchina del tempo, trasporta il visitatore all’interno del mondo Borsalino e alla scoperta del ruolo chiave che il cappello ha assunto in alcuni film. Così si scopre che non è solo la pistola a fare di un attore un vero cowboy, ma molto fa lo sguardo impenetrabile velato dalle falde larghe di un copricapo, e che una spy story non sarebbe poi così misteriosa senza un cappello a generare mistero, e poi ancora che nel cinema può essere proprio il cappello a dichiarare l’ evoluzione di un suo personaggio, così in Sabrina Audrey Hepburn semplicemente calzandone uno in testa segna la sua metamorfosi da ragazza impacciata a donna di classe. La mostra si snoda poi in altre 4 sezioni, capitoli di un racconto che, partendo da un percorso emozionale fatto di suggestioni sonore oltre che visive, continuano analizzando la comunicazione “ non verbale” di alcuni tra gli “scappellamenti” cinematografici più famosi e i nomi dei modelli più disparati dello storico ed elegante accessorio interpretati da un’installazione, per concludersi poi con la presentazione dei Borsalino più famosi e significativi, il tutto condito con bozzetti di Jacques Fonteray e un esclusivo inedito cinematografico del 1912 firmato appunto Borsalino. di Donatella Perrone