Corte rompe lo scudo: Cav ostaggio dei giudici
La Corte Costituzionale ha bocciato in parte la legge sul legittimo impedimento: i giudici dovrenno valutare il da farsi di caso in caso, in base agli impegni del premier e dei ministri, con possibili rinvii delle udienze fino a 6 mesi. I 15 giudici della Consulta hanno deciso, come previsto alla vigilia, all'insegna della 'mediazione', con un verdetto in parte di bocciatura e in parte interpretativo. Nonostante le voci della vigilia secondo le quali la Corte fosse spaccata, sugli snodi cruciali le toghe si sono dimostrate compatte: in 12 su 15 hanno rilevato questioni di incostituzionalità. Un "compromesso accettabile', avrebbe commentato a caldo il premier Silvio Berlusconi con i suoi stretti collaboratori, prima della smentita nella serata di giovedì. Nessuna dichiarazione ufficiale del Cavaliere, dunque, che questa mattina sarà ospite del direttore di Libero Maurizio Belpietro a 'La telefonata' su Canale 5. LA REAZIONE DEL PDL I PROCESSI DI BERLUSCONI: COSA SUCCEDERA' POTERE DELLE TOGHE SPROPORZIONATO? DI' LA TUA LE VIOLAZIONI - La corte presieduta da Ugo De Siervo, infatti, ha respinto la richiesta di bocciatura in toto avanzata dai giudici di Milano, secondo cui il provvedimento violerebbe l'articolo 138 della Costituzione (necessita di una legge costituzionale) e quello 3 (principio di parità, e irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione). LE TOGHE DETTANO L'AGENDA - Un verdetto a metà e di mediazione, come detto, che non può però lasciare soddisfatto il governo. La legge attuale, infatti, bloccava almeno fino al prossimo ottobre anche tre processi in cui è coinvolto il premier Silvio Berlusconi, quelli Mills, Mediaset e Mediatrade, garantendo all'esecutivo la possibilità di governare. Ora, invece, saranno le toghe ed i tribunali a dettare l'agenda del Cavaliere. Per questo, come annunciato in mattinata, il Popolo Viola sta festeggiando nei pressi della Consulta, a Roma, stappando bottiglie di spumante. NODO SUL COMMA 1 - La Consulta ha fornito un'interpretazione del comma 1 ("Attività preparatorie o conseguenti nonché ogni attività coessenziale alle azioni di governo") del provvedimento, ritenendolo legittimo solo se, nell'ambito dell'elenco di attività indicate come impedimento per premier e ministri, il giudice possa valutare l'indifferibilità della concomitanza dell'impegno con l'udienza. La ratio del provvedimento starebbe nel ragionevole bilanciamento tra le esigenze della giurisdizione, l'esercizio del diritto di difesa e la tutela della funzione di governo. "IRRAGIONEVOLI SPROPORZIONI" - Il comma 4 dell'articolo è stato cassato per quella che la Corte ha bollato come "irragionevole sproporzione tra diritto di difesa ed esigenze della giurisdizione". Il testo del comma prevedeva che "ove la Presidenza del Consiglio dei ministri attesti che l'impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi". IL REFERENDUM - Il verdetto di oggi renderà la stessa Consulta arbitro spesso interpellato dal governo per conflitto di attribuzioni ogni qual volta il magistrato ordinario non riconoscerà i presupposti per il legittimo impedimento sollevato dal Premier o dal Ministro. Alla luce della decisione dei giudici, inoltre, la Corte di Cassazione ora dovrà adattare il referendum per l'abrogazione del legittimo impedimento, ammesso mercoledì, alla nuova formulazione emersa dalla sentenza.