Secessione in Sudan: almeno nove i morti

Cristina Dei Poli

Sangue sul referendum per l'indipendenza del sud del Sudan, che si terrà domenica 9 gennaio. Secondo l'emittente canadese CBC, almeno nove persone sono morte  in una serie di scontri tra i ribelli e l’ex milizia autonoma del Sudan meridionale (Spla), che di fatto rappresenta l’esercito nel sud del Paese africano. La situazione l'ha inquadrata senza tentennamenti il presidente del Sudan meridionale, Salva Kiir, che ha spiegato come non ci sia un'alternativa a una coesistenza pacifica con il nord. SCONTRI A JUBA - Centinaia di sudanesi del Sud sono scesi per le strade di Juba (capitale regionale del Sudan meridionale), per festeggiare il "cammino finale verso la libertà", in attesa del referendum che potrebbe determinare la scissione in due parti del più grande stato africano, con il distacco del meridione cristiano dal nord musulmano. Affinchè la consultazione referendaria sia valida, occorre che almeno il 60% degli aventi diritto partecipi al voto. DIVISIONE QUASI SCONTATA - L’esito del voto non dovrebbe riservare sorprese: la secessione dal Sud, ricco di petrolio ma devastato da decenni di guerra civile, è quasi certa. In questo caso, gli 8,5 milioni di abitanti del meridione avranno per capitale Juba anche se ancora non è stato deciso il nome del nuovo Stato, che potrebbe chiamarsi Nuovo Sudan, Juwama o Repubblica del Nilo. I due leader del Sudan, il musulmano presidente Omar al-Bashir, e l’icona della battaglia per l’indipendenza del Sud, Salva Kiir, dovranno fare i conti con una difficile transizione post-elettorale, dagli esiti tuttora imprevedibili. INTERVENTO USA - Nella regione occidentale del Sud, hanno avvertito quindici ong internazionali, si rischia oggi una nuova esplosione di violenza. In questo caso, la Casa Bianca ha lasciato intendere che potrebbe ricompensare Khartoum con l’alleviamento del debito estero e delle sanzioni economiche, pur essendo il Sudan nella lista degli stati sponsor del terrorismo.