Fini vola in Afghanistan

Dario Mazzocchi

Mentre riceveva l’applauso di Veltroni per la proposta per il diritto di voto agli immigrati, il presidente della Camera Gianfranco Fini era in viaggio verso Herat, la località dell’Afghanistan dove sono schierate le truppe italiane. 1.500 soldati in tutto, comandati dal generale Paolo Serra che coordina le attività di contingenti provenienti da 12 Paesi diversi. Fini si è sceso dal C-130 dell’Aeronautica militare con un giubbotto di pelle da aviatore, regale delle Frecce tricolori. Ad accompagnarlo c’erano Gianfranco Paglia, ex soldato ferito in Somalia ed ora deputato di An, e Rosa Calipari, la vedova dell’agente dei servizi segreti morto in Iraq, deputata del Partito democratico. “Parlo a nome non solo del Parlamento, ma del popolo italiano”, ha detto Fini quando si è trattato di ringraziare i nostri soldati. Un impegno quello in Afghanistan da portare avanti nonostante le tante difficoltà e il rischio di attentati che si è fatto più frequente negli ultimi tempi, per aiutare una nazione riportata a livelli “medievali”. Occorrono quindi tempi e uomini e così la terza carica dello Stato si è detta sicura che non ci saranno problemi per il rifinanziamento della missione: “L’Italia manterrà gli impegni come richiesto anche da coloro che sono impegnati a ricostruire la democrazia dell’Afghanistan”. A seguire il viaggio, dal comando interforze di Roma, c’era anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha scherzato vedendo  Fini con il giubbotto da aviatore: “L’avevo scambiata per un giovane ufficiale, poi mi sono accorto che apparteneva all’arma della Camera dei deputati”. Lo stesso capo dello Stato ha affermato convinto che se l’Italia è un Paese “aspramente diviso sulla politica”, esprime d’altra parte un “larghissimo consenso per i militari impegnati all’estero e per il modo in cui viene assolta questa missione”.