Anm: con il ddl intercettazioni

Albina Perri

L’Anm torna alla carica: con la riforma sulle intercettazioni progettata dal governo sarà sempre più difficile portare avanti le indagini sulla mafia. A dichiararlo è stato il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Cascini, nel corso dell’audizione in commissione Giustizia alla Camera. “Formalmente le indagini sulla criminalità organizzata si possono fare - aggiunge Cascini - ma poi nella pratica questo si rivelerebbe impossibile visto che con il provvedimento del governo diventeranno intercettabili solo reati con condanne superiori ai 10 anni”. E questo significa che “l’indispensabile strumento delle intercettazioni” non potrà essere usato per tutta una serie di reati compiuti normalmente dai mafiosi come, ad esempio, la turbativa d’asta e l’estorsione. Nel corso del intervento Cascini ha voluto esprimere le perplessità della categoria “sull’ipotesi di ampliare il novero dei casi nei quali procedere ad intercettazioni preventive. Questa soluzione determinerebbe una grave riduzione delle garanzie fondamentali dei cittadini e anche una drastica riduzione delle possibilità di accertamento di gravi fatti illeciti”. L’Anm ha detto comunque di essere “favorevole ad una disciplina molto rigorosa sulla possibilità di diffondere e pubblicare intercettazioni telefoniche che contengano fatti non rilevanti per l’accertamento del processo penale” attraverso un “filtro anticipato che escluda la materia non rilevante, da custodire in un archivio riservato”. In commissione Giustizia ha parlato anche Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità garante per la privacy, che ha segnalato come nel ddl sulle intercettazioni occorrano “misure di sicurezza più avanzate” per la protezione dei dati personali, tema per il quale il provvedimento dimostra comunque “attenzione”. “Abbiamo apprezzato molto l'attenzione del provvedimento per la protezione dell’attività di intercettazione - ha spiegato Pizzetti lasciando la commissione - ma abbiamo anche sottolineato che la normativa è frutto di una cultura ancora cartacea: in quest’epoca servono misure di sicurezza più avanzate, come la tracciabilità elettronica di chi può effettuare le intercettazioni”. Il Garante ha sottoposto all’attenzione della commissione Giustizia “il problema dei problemi, la necessità cioè che l’attività giudiziaria accetti e faccia propria la cultura della protezione dei dati”.