Duello Fini-Schifani sulla legge elettorale
Si prospetta un braccio di ferro tra cariche istituzionali tra Gianfranco Fini e Renato Schifani. Alla richiesta avanzata martedì dal presidente della Camera di spostare nella commissione di Montecitorio la discussione sulla riforma elettorale per accelerarne i tempi della discussione, il presidente del Senato ha risposto picche confermando l'intenzione di portare avanti l'iter della legge in quel di Palazzo Madama. Insomma i disegni di legge in materia elettorale rimangono di competenza del Senato, come ha sentenziato Schifani in una nota. "In relazione alle osservazioni avanzate dalla Camera in merito a un riequilibrio dei carichi di lavoro tra le omologhe commissioni Affari costituzionali dei due rami del Parlamento - si legge nel comunicato dell’ufficio stampa di Palazzo Madama -, il presidente Schifani ha assicurato al presidente della Camera di aver avuto ampie garanzie dal presidente della commissione Affari costituzionali sulla possibilità di proseguire nell’esame della legge elettorale. Inoltre il presidente Schifani ha ricordato come il 2 dicembre dello scorso anno l’Assemblea di Palazzo Madama abbia approvato una mozione della senatrice Finocchiaro e altri, nella quale si contemplava la materia elettorale tra quelle da includere nel novero delle possibili riforme istituzionali, attualmente all’esame del Senato". La polemica di Fini - Secondo il presidente della Camera è "difficile" che il Senato manderà avanti davvero la riforma della legge elettorale. La terza carica dello Stato esprime il suo scetticismo commentando con i suoi collaboratori la lettera con cui il presidente del Senato, Renato Schifani, ha risposto in maniera negativa alla richiesta del primo inquilino di Montecitorio di spostare l’esame della legge elettorale nel suo ramo del Parlamento. "E' ineccepibile - ha detto Fini con i suoi - la risposta del presidente del Senato nell’ambito del leale rapporto di collaborazione tra i due rami del Parlamento. Ma è altrettanto evidente che c'è una questione politica perché risulta difficile pensare che il Senato manderà avanti davvero la riforma della legge elettorale".