La Concitata direttora in cerca di pubblicità

Michela Ravalico

 La direttora più maleducata e petulante del panorama televisivo italiano - se la maleducazione è interrompere continuamente il prossimo - continua a menarla con la seguente tesi: l’Unità ha più lettori di Libero ma ha dieci volte meno pubblicità, e probabilmente sono gli effetti a lungo termine di quando Berlusconi nel 2009 invitò a non fare pubblicità su Repubblica. Ora: a parte che Berlusconi parlava appunto di Repubblica, e che l’Unità e Repubblica sono come il giorno e la notte - soprattutto per il diverso appeal pubblicitario - la signora conferma ciò che è già noto, e cioè la sua incompetenza in tema di giornali: salvo essere molto brava ad ammazzarli. Segue ripasso. 1) L’Unità vende 42mila copie, Libero supera le centomila: basterebbe questo a chiudere il discorso. 2) La direttora sorvola appunto sulle copie e parla di lettori, questo sulla base di una rilevazione Audipress-Ads che è oggetto di molteplici contestazioni perché oggettivamente ridicola. I dati sono tutti drogati, e lo sanno tutti. Per dire: come possono l’Unità e Libero avere gli stessi lettori - poco meno di 400mila - se Libero vende più del doppio dell’Unità? Nondimeno: come fa La Stampa - che perde copie da anni - ad aver accresciuto i propri lettori del 12 per cento? Com’è possibile che anche per Repubblica accada la stessa cosa? Com’è possibile che Il Giornale abbia ufficialmente perso lettori se ha aumentato le copie, come pure ha fatto Libero? E potremmo divertirci a parlare poi della stampa periodica, dove si rileva che «Quattroruote» vende la metà di «Al volante» e avrebbe però il doppio dei lettori: c’è da divertirsi. Il punto è che la rilevazione dei lettori - l’Audipress è un tentativo di emulare l’Auditel - non ha alcuna possibilità di essere scientifica, sicché la Doxa si arrangia come può e non lo nasconde: il margine di errore è altissimo (intervallo di varianza, lo chiamano) e riflette un campionamento statistico basato su interviste che premiano la notorietà di una testata e non la sua effettiva lettura. L’Unità la conoscono tutti (è nata nel 1924) anche se la leggono in pochi, e l’indagine sui lettori calcola ancor oggi che il giornale fondato da Antonio Gramsci - e affondato da Concita di Gregorio - sia una presenza fissa in sezioni di Partito, bar, cooperative e bocciofile: un po’ come i quotidiani sportivi appoggiati sul frigorifero dei gelati. Ma le cose sono cambiate. E qui vengono i dolori maggiori.  3)  Lo sanno tutti che l’Unità, sino a poco tempo fa, campava su un mega-inserzionista pubblicitario che si chiama Fiat, una forma di overspending favorita da Gianni Agnelli e sul quale non mancarono interpellanze parlamentari. Ora questa sorta di sovvenzione non c’è più. E che cosa c’è? C’è il mercato, bellezza: e i lettori de l’Unità sono perlopiù nostalgici, poco consumatori e soprattutto vecchi, anche perché i giovani se li è presi quasi tutti Il Fatto quotidiano. L’Unità oltretutto maledice gli industriali e discrimina le aziende, e non è un caso che le pubblicità siano pagate soprattutto dal Pd e dalla Lega delle Cooperative: per quale ragione un produttore di automobili - domanda - dovrebbe fare pubblicità su l’Unità e non, per fare un esempio a caso, su Libero? L’Unità e Libero ora hanno anche la stessa concessionaria pubblicitaria: come si spiega? Un complotto berlusconiano? Difficile, anche perché dicevamo che Berlusconi nel 2009 invitò a non fare pubblicità su Repubblica, non su l’Unità: e però la pubblicità l’ha persa solo l’Unità mentre Repubblica, nel primi nove mesi del 2010, registra una media superiore a quella di mercato: come si spiega?  Oltretutto - altra cosa che andrebbe spiegata alla direttrice de l’Unità - le aziende pianificano seriamente la pubblicità quando un giornale vende almeno 100mila copie, non 42mila. Se poi un quotidiano ex «radicato sul territorio» chiude progressivamente le redazioni locali - e l’Unità ne aveva moltissima, di pubblicità locale - manca solamente che la testata perda definitivamente status e assuma la sembianza di un free-press, ciò che sembra a tutti l’Unità di Concita De Gregorio: «In tutta Europa si fanno piccoli i giornali e i giovani sono abituati così», disse nel varare la sua riforma grafica curata da uno studio spagnolo. I giovani li ha persi, il giornale in effetti è diventato piccolo.