La presidenza della Camera perdona Di Pietro

Roberto Amaglio

A parte i richiami formali durante il suo intervento e qualche scampanellata dal suo trono di Montecitorio, Gianfranco Fini e l'Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati hanno deciso di non prendere alcuna sanzione contro Antonio Di Pietro, che aveva dato dello stupratore della democrazia al premier nel corso delle dichiarazioni di voto dello scorso 29 settembre. La decisione è maturata questo pomeriggio dopo quasi due ore di riunione nell’Ufficio di presidenza della Camera, al termine della quale Gianfranco Fini ha avanzato una proposta: a Di Pietro sia recapitata una lettera di deplorazione, senza combinargli alcuna sanzione. Una proposta che non è ovviamente piaciuta agli esponenti della maggioranza, tanto che non è passata: ai sensi del regolamento, infatti, l’offerta di Fini per essere approvata avrebbe dovuto raccogliere l'unanimità. Così come non è passata la richiesta di sanzioni avanzata da Lega e Pdl: in questo caso a opporsi sono stati i rappresentanti di Pd e Idv. Insomma Antonio Di Pietro se la cava senza se e senza ma, mentre nel turbinio dei veleni è tornato ancora una volta Gianfranco Fini e la lealtà al Governo da parte di Fli. Come prevedibile, infatti, la linea morbida del Presidente della Camera ha scatenato il pandemonio politico. Ovviamente i più avvelenati per la decisione della terza carica dello Stato sono proprio i deputati del Pdl e della Lega. Il vicepresidente Antonio Leone ha rinfacciato a Fini un eccessivo buonismo durante la riunione: "Lei è stato costretto a fare la proposta della lettera, altrimenti avrebbe deliberato le sanzioni". "Lo ha assolto lui (riferito a Fini)", ha tuonato il rappresentante del Pdl Gregorio Fontana. "C'era anche un precedente dello stesso tipo: quello di Barbato. Lui ha avuto 5 giorni di sospensione". Una linea non condivisa dal Pd e da Mimmo Lucà, che ha fatto notare come Barbato abbia definito Berlusconi come un "puttaniere, escortiere, criminale e mafioso": un'accusa ben più grave e specifica rispetto allo "stupratore della democrazià" a cui ha fatto ricorso Antonio Di Pietro. Ma a dimostrare che il clima nella riunione sia stato rovente, è arrivato il commento del deputato del Carroccio che, uscendo dalla sala al primo piano di Montecitorio, si è lasciato andare a un commento fuori dagli schemi ma certamente emblematico. "Fanno casino tra di loro - ha detto il leghista -, allora andiamo a votare e vaff..."