Il Pd, avanti così. Franceschini:"divisione oggettiva"

Roberto Amaglio

Il Pd non cambia rotta, non cambia uomini, non cambia bussola. Forte dei risultati ottenuti in questi ultimi due anni (?), nella direzione nazionale del partito svoltasi questo pomeriggio a Roma il segretario Pierluigi Bersani ha chiuso la porta ai documenti di Veltroni, a correzioni di tiro e anche all’ipotesi di primarie, riconfermando in toto la strada indicata a Torino solo un anno fa. In un clima sereno e apparentemente riappacificato, infatti, il discorso di Bersani è stato votato a larga maggioranza dai vertici dei democratici che, nonostante le divergenze nella gestione del partito e della linea politica, sono per il momento rientrati nei ranghi. Alla fine la relazione di Bersani ha incassato oltre 200 voti favorevoli e 32 astensioni. Tra questi Walter Veltroni che, con i suoi 74 firmatari, non si è schierato contro il segretario. Sbotto Bersani – Del resto il segretario del Pd era stato abbastanza duro al suo ingresso all’assemblea, chiedendo a tutti di mettere fine alle "chiacchiere politiciste" e a mettere al primo posto il progetto del partito. "Siamo l’unica speranza credibile per un’alternativa per il Paese – ha esordito Bersani –. Dobbiamo metterci tutta la pazienza e la determinazione che abbiamo. L’Italia può avere giorni migliori, può tornare a parlare di futuro. Dobbiamo farci percepire come un partito capace di avanzare proposte, capace di adattamento e di governare". Un epilogo già scontato, anche perché la direzione del partito aveva fatto trapelare a suon di rimbrotti la necessità di soffocare correnti e fratture interne. "Basta con i rottamatori, i turchi giovani e vecchi, i documenti e i pacchi dono – ha tuonato il senatore Ignazio Marino –. Quello che dobbiamo fare è rafforzare la squadra con metodo collegiale, ma soprattutto servono contenuti concreti. Le mie priorità sono: lavoro, scuola e sanità pubblica, sud e legalità, cultura, diritti e ambiente. Non possiamo dire sempre no: no alla riforma della Costituzione, no alla riforma della scuola e dell’università, no alla riforma dello statuto dei lavoratori. In questo modo si snatura lo spirito riformatore del nostro partito e diamo l’impressione di non voler cambiare nulla, di essere in realtà dei conservatori". Veltroni si riallinea – E alla fine pure il buon Walter ha dovuto così stracciare i contenuti del suo documento firmato da 75 deputati. Fedeltà a Bersani, anche se… "Il documento dei 75 non è un atto sfiducia nei confronti del segretario. Pier Luigi è il mio segretario – ha detto Veltroni –. Non sta succedendo niente, stiamo discutendo e la funzionalità del mio documento era quella di fare più forte il Pd: l'unità nasce dell’ascolto reciproco mentre non può passare l’equazione per cui la discussione equivale alla divisione ". Insomma tutto come prima, vertici compatti per una missione comune. Forse, però, è proprio questo l’esito che il Pd più doveva temere. Franceschini: "la divisione è oggettiva". Secondo l'ex segretatio sarà "difficile ricomporre le cose". Franceschini, che ha votato per Bersani, ammette che "il documento dei 75 ha sancito una divisione tra chi ritiene sia utile un'opposizione nel partito e chi chiede più collegialità e unità".