Al via i negoziati tra Israele e Palestina
Sono iniziati i negoziati diretti tra Israele e Palestina a Washington. Ad aprire i lavori è stato il segretario di stato americano Hillary Clinton, che ha ringraziato il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen per "coraggio e impegno" dimostrati: "Con la vostra presenza qui avete fatto un passo importante verso la liberazione dei vostri popoli dalle catene di una storia che non possiamo cambiare e verso un futuro di pace e dignità che solo voi potete creare. Da parte nostra non possiamo imporre una soluzione e non lo faremo. A coloro che criticano questi colloqui, io chiedo di unirsi a questo sforzo". L'intervento di Netanyahu - Israeliani e palestinesi si incontreranno ogni due settimane alla ricerca di una "pace vera", che secondo Netanyahu potrà essere raggiunta solo "con concessioni reciproche dolorose da entrambe le parti. Il popolo israeliano e io come premier siamo pronti a camminare su questa strada (di pace) da percorrere in poco tempo", ha affermato Netanyahu. Israele è "pronto a riconoscere uno Stato palestinese sovrano, ma anche noi ci aspettiamo che siate pronti a riconoscere Israele, come Stato nazionale del popolo ebraico", ha aggiunto il premier israeliano. "Sono convinto che sia possibile riconciliare il desiderio palestinese (di avere uno Stato, ndr), con il bisogno di sicurezza di Israele". Embargo e insediamenti - Da parte sua, il presidente palestinese Abu Mazen ha ribadito la richiesta che Israele ponga fine a tutte le costruzioni di nuovi insediamenti nei territori occupati e che sia "rimosso completamente" l’embargo su Gaza. Un lungo processo - Parole quelle dei due leader che si scontrano con la realtà dei fatti. Il direttore del Consiglio regionale degli insediamenti in Cisgiordania, Naftali Bennett, ha annunciato che a partire dal 26 settembre, data in cui scade la moratoria ordinata dal premier Netanyahu, comincerà la costruzione di 80 nuovi alloggi. Quello degli insediamenti è il principale ostacolo a una concreta ripresa del processo di pace. Il secondo è rappresentato dagli attacchi terroristici contro i coloni, rivendicati da Hamas con la minaccia di continuare con le "operazioni di resistenza". Dopo l'uccisione di quattro coloni a Hebron, uomini armati hanno teso un agguato a Ramallah all’auto su cui viaggiavano un colono israeliano e sua moglie, rimasti feriti.