Un piano per far scappare Silvio
Sembra che di democratico nei loro scopi ci sia davvero poco o nulla. L'obiettivo è mettere in minoranza il PdL e mandare dritto a casa Silvio Berlusconi. Ma chi sarà insediato al suo posto? Poco importa, va bene chiunque. Insomma. Anche la nobiltà dei mezzi usati lascia un po’ a desiderare. Per far nascere una maggioranza diversa rispetto quella partorita dalle urne si stanno mettendo insieme persone che prima si siedono al tavolo insieme e poi si lanciano piatti a coltelli. Duqnue: come è possibile tenerli insieme nella stessa maggioranza e nello stesso governo? Semplice: provando a comprarsela. L’offerta è lì. È stata esposta in prima pagina su Repubblica dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: chiunque voglia una legge elettorale su misura, prego, si faccia avanti. Stuzzicato da Libero, Bersani ha reagito con una “lenzuolata” delle sue consegnata al quotidiano di Ezio Mauro: la sua proposta è la resa ufficiale del Partito democratico al partito di largo Fochetti. Così Bersani vorrebbe fare un “Governo di transizione” che abbia lo scopo di introdurre alcuni correttivi, «a cominciare dalla legge elettorale», con dentro tutti quelli che ci stanno. Non vuole tornare al voto perché, se così fosse, con l’attuale legge elettorale Bersani annuncia che il suo partito proporrà di trasformare questo minestrone in una coalizione elettorale che tenga dentro tutte le «forze contrarie al berlusconismo» (e quindi anche i finiani e l’Udc di Pier Ferdinando Casini), «energie esterne ai partiti» e chi più ne ha più metta. Il tutto per fare insieme le riforme, ovviamente «a cominciare da una nuova legge elettorale». Quando il PdL ha lanciato l’idea di un “Governo tecnico” con lo scopo di cambiare la legge elettorale, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha risposto che governi tecnici non esistono. Esistono solo governi legittimati dal parlamento che, in altre parole, significa: se alle Camere si troveranno i voti per ribaltare il voto degli italiani, lui non avrà problemi ad avallare l’operazione. Ma poi ieri, attraverso il Corriere della Sera, ha fatto sapere che gli esponenti del partito del Premier sbagliano a dire che «a decidere è sempre e solo il popolo». Il Capo dello Stato ha riportato l’esempio del Regno Unito dove conservatori e liberal-democratici sono alleati nell’attuale governo. Forse il paragone con la Gran Bretagna fa un po’ sorridere considerate le differenze tra i due sistemi, ma il messaggio arriva forte e chiaro: se il Governo Berlusconi cade, il presidente della Repubblica non intende sciogliere le Camere. Non prima, almeno, di averle provate tutte. Pare che quella vista sinora è la parte “pulita” della faccenda. L’indicibile, avviene sottoterra. Ma ogni tanto qualcosa affiora. Se l’asse PdL-Lega tiene non ce n’è né per Bersani né per nessun altro. Al Senato i due partiti, insieme, controllano la maggioranza dei voti. Dunque è lì che bisogna colpire. Tramite Bersani, il Pd ha già fatto capire che non avrebbe problemi a votare un governo guidato da Giulio Tremonti. proprio quel ministro che, secondo lo stesso partito, sta mandando l’Italia in rovina. Ed è ovvio che Tremonti serve a garantire la Lega anche se, per ora, non se ne fa nulla. Ma le proposte del centrosinistra nei confronti suoi e del Carroccio hanno appena preso il via e, al momento decisivo, diventeranno ben più indecenti di quanto siano state sinora.