Mondadori risparmia, il Pd: legge ad personam
Tra gli affondi dei finiani, il popolo viola che si prepara a organizzare la seconda edizione del contestato “No B day” (in programma il prossimo ottobre), i Tulliani e la prospettiva di una nuova contesa elettorale, torna prepotentemente in voga anche il tema spinoso del conflitto d’interessi del premier Silvio Berlusconi. Il Pd, infatti, è sul piede di guerra e denuncia la norma contenuta nel decreto incentivi e approvata il 22 maggio scorso dalle Camere, quella che sarebbe una nuova legge ad personam pensata e creata per togliere le castagne dal fuoco al Cavaliere. Nel dettaglio, il Pd denuncia i contenuti dell’articolo 3, quello relativo alla "rapida definizione delle controversie tributarie pendenti da oltre 10 anni e per le quali l'Amministrazione Finanziaria è risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio". In pratica la norma prevede che, pagando il 5% del contenzioso, la parte accusata dal Fisco italiano possa liquidare la pratica evitando il terzo grado di Giudizio, ossia quello della Cassazione: l’unica condizione necessaria è che nei primi due gradi di giudizio la parte in causa abbia avuto un verdetto favorevole. Norma che, seppur limitatamente, riduce i tempi biblici delle controversie fiscali. Dove sta quindi il conflitto d’interessi? La risposta sta nella querelle fiscale che dal lontano 1991 vede implicata la Mondadori, il colosso editoriale di cui il premier Berlusconi è proprietario e sua figlia Marina presidente. L’articolo 3 del decreto incentivi, infatti, si applica alla perfezione al contenzioso dell’azienda di Segrate che, utilizzando tale norma e pagando al Fisco 8,6 milioni di euro, metterebbe una pietra tombale sul processo tributario in cui le sono contestati 173 milioni di euro di imposte evase. Il caso – Il tutto nasce nel lontano 1991, quando la Arnoldo Mondadori Editore, entrata nelle aziende di proprietà del premier, viene fusa con la Arnoldo Mondadori Editore Finanziaria (Amef). Il Fisco individua in questa strategia aziendale una scorciatoia per nascondere i ricavi e pagare meno tasse. Dai controlli, le Fiamme Gialle contestano all’azienda di Segrate una cifra di 400 miliardi di vecchie lire non versate al Fisco. Si apre il contenzioso in tribunale, dove la Mondadori vince i primi due gradi di giudizio davanti alle Commissioni tributarie. Nell'autunno del 2008 l'Agenzia delle Entrate presenta il ricorso in terzo grado. Ma la Cassazione non avrà bisogno di esprimersi, in quanto la Mondadori ha già stanziato a bilancio i quasi 9 milioni di euro per chiudere la pratica. Sdegno Pd – "Emerge, ancora una volta l’enormità del conflitto di interessi del presidente del Consiglio e la natura corporativa di un governo che si preoccupa degli interessi del premier dimenticando gli italiani – sostiene Filippo Penati –. Secondo Bossi, Berlusconi e Tremonti il 5% è quanto devono pagare i grandi evasori nel nostro Paese. Peccato che gli italiani in regola con il fisco paghino oltre il 43%”. Rincara la dose il presidente del Gruppo Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario, il quale sottolinea come la norma sia stata prima presentata nel pacchetto Giustizia, poi nella Finanziaria (in uno degli emendamenti del relatore Azzollini) e infine infilata nel decreto incentivi. “La famiglia Berlusconi, utilizzando una legge fatta dal Governo Berlusconi e approvata dalla maggioranza parlamentare di Berlusconi, ha risparmiato in un botto circa 164 milioni di euro”. Difesa del Pdl – A difendere il provvedimento interviene Antonio Leone (Pdl) che, oltre a sottolineare la funzionalità dell’articolo per accorciare i tempi delle diatribe tributarie tra il Fisco e le aziende, smonta la tesi accusatoria a Mondadori. "Accusa non obiettiva perché dimentica di precisare che i benefici fiscali che potevano trarsi dalle fusioni di società erano perfettamente leciti quando si accompagnavano a valide ragioni economiche. Inoltre ci si concentra sul solo occultamento di plusvalenze e non, per esempio, anche sulla rivalutazione ai fini fiscali di cespiti aziendali, operazione quest’ultima avvenuta in quegli stessi anni nell’ambito del gruppo Cir. Non a caso i primi due gradi di giudizio hanno dato ragione a Mondadori”.