Fini si è già dimesso

Paolo Franzoso

Gianfranco Fini, di fatto, ricopre la carica di presidente della Camera a titolo onorifico perché a Montecitorio, a presiedere i lavori, va con estrema parsimonia. D’altra parte avrà altro da fare: per esempio, dirigere un partito, il suo partito nuovo di zecca.  I numeri non possono essere smentiti, sono pubblici e ufficiali, e a volerli online, per la trasparenza, è stato proprio Fini. E emerge che il presidente è un assenteista.  101 sedute nel 2010, per un totale di 527 ore e 47 minuti. L’ex leader di An ha presieduto a un terzo delle riunioni (34) per un totale di 45 ore seduto sulla poltrona che non vuole lasciare per nessun motivo, anche se ha perso l’appoggio della maggioranza che lo ha eletto. Le cifre sono eloquenti. Fini assolve le sue funzioni meno di 7 ore al mese, e meno di 6 se si considera anche agosto, quando i deputati godono del riposo. In pratica lavora in un mese come un impiegato in una giornata lavorativa. Lavoro ridotto, ma busta paga completa e ben più cospicua dei normali lavoratori. Anche in questo caso, Fini predica bene ma razzola male. Ha preteso – giustamente! – la censura dei cosiddetti “pianisti”, quelli che votavano per il collega assente, definendo la pratica “immorale” ed eliminandola introducendo un sistema di votazione con le impronte digitali. Ma per lui, tutto questo non vale. E sempre guardando i numeri, da quando è presidente della Camera, dal 2008, questo è l’anno in cui Fini ha totalizzato la percentuale minore di presenze. Non che prima fosse uno stakanovista: nel 2008,  il 70%, nel 2009, un po’ meno del 50%. Nell’ultimo anno, però, il presidente ha trovato poco tempo da dedicare alla sua mansione principale. Avrà altro da fare. I maligni diranno che fra i suoi impegni ci sono le ricerche immobiliari. Esagerano. Fini, le case, non perde tempo a cercarle, se le ritrova in eredità. Intanto ieri, in occasione della visita alla salma di Francesco Cossiga, Gianfranco Fini ha avuto un contatto con Gianni Letta, al quale ha chiesto una tregua. Leggi l'articolo di Tommaso Montesano qui.