Verdini: "Non so nulla della P3 e non mi dimetto"

Paolo Franzoso

"Questa conferenza la faccio per me, mia moglie, la mia famiglia e i miei amici, che devono sapere la verità”. Denis Verdini convoca i giornalisti in Via dell’Umiltà, sede del partito. Tre sono le questioni che intende chiarire: la sua estraneità alla P3, l'inesistenza di una congiura contro Caldoro, e la sua correttezza nella gestione del Giornale della Toscana. Una difesa totale dalle inchieste della magistratura e dagli attacchi politici, provenienti anche dal "fuoco amico" dei finiani. "Dispiace che qualcuno nel partito chieda le mie dimissioni in nome di una presunta legalità" commenta Verdini. "Anche in questo caso chi avanza queste richieste dovrebbe essere ineccepibile, trasparente, lindo. Non accetto dall’onorevole Bocchino che si permetta di entrare in queste questioni. Il PdL si strinse attorno a lui quando fu invischiato in un’inchiesta”. Esprime delusione, Verdini, anche nei Quando non si perde mai e manca una opposizione vera e reale l'opposizione nasce all'interno della maggioranza. È una cosa che non può durare all'infinito, perchè impedisce la realizzazione del programma, e quindi serve un chiarimento. La situazione è molto difficile ed è una roba incomprensibile per gli elettoriconfronti del presidente di Montecitorio: "Mi dispiace che Fini non abbia tutelato un membro, come me, della Camera". Anzi "è brutto che la terza carica dello Stato, il tutore della Camera chieda, direttamente o indirettamente, le dimissioni di un membro". A proposito di beghe interne al partito, Verdini rifiuta la distinzione tra "prostitute da un lato della strada" mentre "dall’altro lato ci sono le vergini". Ma non ipotizza una cacciata dei finiani: "Se uno non si trova bene e ritiene che le cose non funzionino nonostante i risultati è una sua decisione". Poi spiega il motivo della nascita della corrente del presidente di Montecitorio: "Quando non si perde mai e manca una opposizione vera e reale l'opposizione nasce all'interno della maggioranza. È una cosa che non può durare all'infinito, perchè impedisce la realizzazione del programma, e quindi serve un chiarimento. La situazione è molto difficile ed è una roba incomprensibile per gli elettori". P3 - Sui temi principali, esordisce con il suo coinvolgimento nella P3 e si dice completamente estraneo. "Non conosco nulla, non ho mai saputo nulla, della cosiddetta P3 non ne conosco né le attività né le finalità" eppure “mi trovo invischiato in questa cosa”. Per quanto riguarda i suoi rapporti con gli appartenenti alla presunta loggia d’affari segreta, Verdini parlò “solo delle candidature, specificatamente della Campania, e non del lodo Alfano”. D’altra parte, afferma il coordinatore, “è il mio lavoro avere contatti e fare istruttorie su possibili candidati”. Ma respinge tutte le accuse sul lodo Alfano, che “era l’argomento di tutti i giornali e di tutti i salotti”. E anche sull'eolico prende le massime distanze: "Non ho nulla di cui spartire su queste cose, non è la mia materia". L'unica colpa che si attribuisce è di aver messo in contatto due persone (il presidente della Sardegna Cappellacci e Carboni), è questa l'unica "colpa" ammessa da Verdini sul capitolo eolico. "Non ci vedo nulla di male e quindi non sono pentito". Verdini ribadisce il suo giudizio sull'impianto dell’inchiesta: "Qui siamo al ridicolo, se questi signori sono la P3... Io non ci credo neanche se mi puntano la pistola alla tempia". Dunque, per Verdini la spiegazione dell’inchiesta è un’altra: "Se qualcuno vuole strumentalizzare ed enfatizzare questa cosa, è un fatto politico. E la risposta è nella politica". Dossier Caldoro – “La candidatura di Stefano Caldoro a presidente della Regione Campania si è svolto in modo trasparente”. Verdini racconta di un foglio pervenuto in via anonima al partito con nomi e indirizzi (dei presunti trans), e cestinato subito dopo un paio di telefonate, tra cui una a Cosentino, perché è risultato che si trattava di “ chiacchiere vecchie e di roba di nessun conto”. Giornale della Toscana – La questione più complicata da spiegare è quella dei finanziamenti al quotidiano toscano di cui Verdini Non bisogna scomodare Einstein: ho una tasca sola, i soldi entrano e escono, e alla fine si fanno i conti. E nella mia tasca ci sono solo debitiè editore. "Quando si parla di soldi - dice Verdini - non bisogna scomodare Einstein: ho una tasca sola, i soldi entrano e escono, e alla fine si fanno i conti. E nella mia tasca ci sono solo debiti. I soldi messi nel Giornale della Toscana sono largamente superiori, il doppio o addirittura il triplo delle cifre di cui si parla". Del resto, aggiunge Verdini, "trovatemi un editore che faccia i soldi con i giornali. Andrebbe chiesto a tutti, agli editori dell’Unità, perché mettono dei soldi in giornali che perdono". Quanto all’aumento di capitale da 2,6 milioni sotto la lente dei magistrati, Verdini afferma: "Ho procurato un’operazione di aumento di capitale per 2,6 milioni di euro, di cui sono stati versati solo 800mila: regolarmente, con assegni circolari, su un contratto e su una perizia". L'amicizia con Dell'Utri - Verdini dedica parole di stima a Marcello Dell'Utri, sul quale i giornali hanno scritto in questi giorni che il coordinatore del PdL abbia fatto ricadere tutte le colpe. “Dell’Utri è una persona perbene, un amico fraterno”. E sulle accuse di aver riversato su il senatore tutte le responsabilità, risponde: “Non c’è niente da scaricare su di lui, non c’è nessuna responsabilità da cui spartire”."Non c'è nulla da scaricare". Doppiopesismo pericoloso per la democrazia - "Siamo un Paese anomalo: io devo convincere il magistrato, non il contrario. Io dal magistrato ci sono andato, di più non posso fare: a cena non lo posso invitare sennò si fa la P4". Verdini coglie anche l'occasione per fare dei paragoni sui modi e i metodi della magistratura. Due esempi per dimostrare l'orientamento politico delle toghe nel condurre le indagini. Il primo, un suo pranzo con imprenditori interessati all’eolico in Sardegna: "Ne ha fatto uno anche il principe Caracciolo. Perché è inopportuno il mio pranzo e non lo è quello del principe? Se è inopportuno, lo è sempre e comunque". Il secondo esempio riguarda il vicepresidente del Csm Nicola Mancino: "Lui Non sono in condizioni psicologiche di fare il coordinatore Pdl? Già, e infatti dopo vado dallo psichiatra. Anzi magari me ne consiglia uno Bocchino ha votato Marra in buona fede, e lo dico senza ironia perché ne sono convinto. Ma a lui si concede la buona fede, a me no". E poi, aggiunge, "che Mancino spinga per le epurazioni mi sembra francamente troppo...". A quel punto Verdini si rivolge direttamente ai giornalisti: "Attenzione, la democrazia è nelle vostre mani. Meraviglia che tutti stiano zitti su altre vicende e invece si sottolineano tutte le cose del Verdini... E vabbe' ". Dimissioni dalla banca - Verdini spiega pure perché si è dimesso dal Cda del Credito Cooperativo Fiorentino e non dall'incarico politico. "Se una banca è sotto attacco mediatico, un risparmiatore va a ritirare i suoi soldi". Il coordinatore del PdL ripete di non essere "colpevole di nulla" e per questo mantiene il ruolo nel partito perché "gli elettori valuteranno". Bocchino e lo psichiatra - A conferenza stampa in corso arriva l'attacco di Italo Bocchino: "Verdini ha confermato di non essere più in condizioni, anche psicologiche, di fare il coordinatore del Pdl" perciò "sarebbero peraltro ancor più opportune le sue dimissioni". Pronta la risposta di Verdini davanti ai giornalisti, appena informato: "Non sono in condizioni psicologiche di fare il coordinatore Pdl? Già, e infatti dopo vado dallo psichiatra. Anzi - ironizza  - magari me ne consiglia uno Bocchino". Siparietto sull'Unità - La conferenza stampa diventa l'occasione per parlare di tutto e di più. Spazio alle domande dei giornalisti dopo le dichiarazioni di Verdini. Interviene Claudia Fusani, giornalista dell'Unità, che chiede conto a Verdini di alcuni versamenti emersi nell'ambito dell'inchiesta. Verdini inizia a rispondere ma Giorgio Stracquadanio, deputato PdL, perde le staffe e inizia a urlare nei confronti della giornalista che ribatte al coordinatore: "Sta dicendo una montagna di caz..., apra un conto corrente in banca prima di dire tutte queste caz...". Inizia il parapiglia. La Fusani si offende e rivendica il suo diritto a porre domande. Allora entra in gioco Giuliano Ferrara: "Chiedetele perché è passata da Repubblica a L'Unità in circostanze tutte da chiarire". Nessuna risposta, il direttore del Foglio se ne va arrabbiato seguito subito dopo da Stracquadanio.