Intercettazioni, via la norma che privilegia i parlamentari
Dal ddl intercettazioni sparisce la norma che avrebbe privilegiato i parlamentari. La commissione Giustizia della Camera ha infatti approvato all’unanimità un emendamento dell’Udc (firmato da Vietti, Rao e Ria) che sopprime la norma inserita al Senato con la quale si estendeva la necessità dell’autorizzazione della Camera di appartenenza anche nel caso in cui le intercettazioni dovessero essere eseguite nei confronti di soggetti diversi dai parlamentari se, da qualsiasi atto di indagine, fosse emerso che tali operazioni fossero finalizzate ad accedere alla sfera di comunicazione del parlamentare. Soddisfatto del successo ottenuto Roberto Rao: "E' un segnale anti-casta ha commentato - si tolgono i privilegi di cui si parlava in questa legge. E' un atteggiamento serio del governo e della maggioranza". Oggi è stata approvata, con i voti del Pd e dell’Udc, anche la proposta di modifica sulla pubblicabilità delle intercettazioni presentata dal Governo. Dei partiti dell'opposizione, solo l'Italia dei Valori ha votato contro. E il centrista Roberto Rao, ha spiegato la motivazione del sì: "Abbiamo deciso di votare favorevoli perchè, rispetto al testo precedente, si tratta di una riduzione del danno, anche se ci impegneremo affinchè vengano migliorate anche le altre parti del provvedimento". Slitta, invece, la discussione sul nuovo parere al ddl intercettazioni che il plenum del Csm avrebbe dovuto affrontare in mattinata. Il Quirinale, infatti, non ha "avuto il tempo di esprimersi" sull'ordine del giorno aggiunto e, quindi, "in ventiquattro ore non è arrivato l'assenso" alla discussione della pratica. A riferirlo è il Vicepresidente delo Csm, Nicola Mancino, all'apertura della seduta di oggi, riferendosi a una "distrazione della burocrazia interna", in base a cui si pensava che il Quirinale avesse dato il via libera all'ordine. E, con ogni probabilità, non sarà questo stesso plenum ad affrontare la discussione. Mancino ha inoltre invitato e sollecitato il Csm a "utilizzare la ragione, anziché la legittimazione" e a rinviare la trattazione del parere sulle intercettazioni al nuovo Csm, dato che l'attuale cadrà il prossimo 31 luglio. E ha anche aggiunto ancora: "Preferirei che non ci fosse una decisione formale di mancato assenso". Leggendo per bene nelle pieghe della discussione di stamattina, non ci sarebbe quindi l’opportunità politica, in un periodo di intense trattative sul ddl intercettazioni, per un parere che "è l’ennessima stroncatura della legge da parte dei magistrati". E' questa la motivazione per cui Mancino ha così suggerito all’attuale plenum di occuparsi solo di pratiche gestionali e di"non affrontare impegni che hanno influenza sul futuro". Oltre al parere sul ddl intercettazioni, quindi, il Csm potrebbe non affrontare anche le modifiche alla circolare che regola gli incarichi extragiudiziali dei magistrati e quella sull’organizzazione delle Dda. E il consigliere di Md, Livio Pepino, è così insorto: "Non mi sento un consigliere dimezzato e ritengo che questo plenum possa portare avanti il suo lavoro fino alla fine nella sua completezza".