Professione fratello
In effetti è strano. L’altro ieri - alle 9 del mattino di una domenica di luglio, con il solleone che già spaccava le pietre e marciava verso i 40 gradi, con il mare e le spiagge che attendevano frementi - la società civile di Palermo non ha avuto l'insopprimibile desiderio di accalcarsi in una marcia in salita di due ore diretta al castello di Utveggio sul Monte Pellegrino, e questo nonostante a calamitare la ressa ci fosse un comizio del fratello di Paolo Borsellino. É inspiegabile. C'era il fratello ma neppure la sorella, Rita. A meno che sia tutta «disinformazione strumentale alla fiaccolata della destra» come ha denunciato Salvatore Borsellino: i giornali infatti hanno scritto che c'erano al massimo 100 persone, ma - ha precisato lui - in realtà erano almeno 200. Tutti a sventolare la spettacolare cazzata dell'«agenda rossa di Paolo Borsellino», questo mito che non si sa neppure se esista, se il magistrato l'avesse con sé quando fu ucciso, se fu trafugata o solo persa, se ci fossero su appunti giudiziari o la formazione della Lazio, niente, zero, aria: eppure l'hanno fatta diventare «la scatola nera della Seconda Repubblica» (Marco Travaglio) o bene che vada «il motivo per cui Paolo è stato ucciso» (Rita Borsellino). Marce, manifestazioni: tutta roba che va comunque incoraggiata. L'immensa folla delle agende rosse, domenica, ha osservato un minuto di silenzio: deve osservarlo ancora. E ancora. E ancora.