Monsignor Fisichella: "Gli scandali ci rafforzeranno. Riconquisteremo anche gli Usa"

Tatiana Necchi

Il 30 giugno scorso monsignor Rino Fisichella - uno dei teologi più noti del mondo, già presidente della Pontificia accademia per la vita e rettore della Pontifica università lateranense - è stato nominato presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Un compito difficile, poiché, come ha spiegato lo stesso Benedetto XVI, il consiglio dovrà «promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”, che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo». Insomma, riportare il messaggio cristiano in quei Paesi che sul cristianesimo hanno fondato la propria cultura, salvo poi farsi conquistare dalla secolarizzazione. Il compito di Fisichella è particolarmente arduo anche considerando il periodo di difficoltà che la Chiesa vive proprio in quei territori (Europa e America). Prima lo scandalo pedofilia e addirittura le richieste di dimissioni al Papa. Poi, in Italia, le vicende che hanno riguardato i rapporti di alti prelati con i poteri economici e politici (i guai del cardinale Sepe, per esempio). Abbiamo incontrato Fisichella a Polignano a Mare, piccolo e splendido paese vicino a Bari dove il monsignore era invitato per presentare il suo ultimo saggio (Identità dissolta, Mondadori) al festival culturale “Libro possibile”. Monsignore, qual è l’obiettivo del nuovo incarico che il Papa le ha affidato pochi giorni fa? «Penso sia una grande sfida. Quella di riprendere una visione della presenza significativa della fede in quei territori come l’America del Nord e del Sud e l’Europa che hanno perso la consapevolezza della propria identità e il senso d’appartenenza alla Chiesa. Il mio compito è recuperare i valori della fede per quei popoli che dicono d’essere cristiani ma lo hanno dimenticato o sono indifferenti di fronte alla visione della Chiesa. Oppure dicono di essere credenti ma non praticanti. In questi Paesi il progetto del cristianesimo deve tornare a un disegno unitario». Oggi il messaggio del cristianesimo sembra patire il confronto con tanti altri messaggi che arrivano agli individui. «Oggi ci troviamo davanti a una pluralità di messaggi. A mio avviso, però, ci avviamo verso la conclusione di un’epoca e l’apertura di una nuova era. Sappiamo quello che lasciamo ma non conosciamo ciò a cui andiamo incontro. In questo frangente assistiamo a un cambiamento paradigmatico dei concetti fondamentali che riguardano l’uomo e che si stanno tutti modificando. Quel che mi preoccupa di più è il fatto che sia venuto a modificarsi il concetto stesso di vita umana». Questo avviene soprattutto per via dello sviluppo della scienza. «Ci troviamo in una dimensione in cui scienza e tecnica intervengono in maniera molto forte sulla vita umana ed è inevitabile che tutto questo influenzi la concezione della vita. Il nostro compito è favorire certamente la scienza, ma anche spiegare che questa non può dare una risposta a tutti gli interrogativi presenti nella mente e nel cuore delle persone. Dobbiamo essere capaci di dare una risposta che sia anche una risposta di senso. La Chiesa ha questo compito: rispondere ai grandi interrogativi che riguardano la vita. Chi sono io, che senso ha il dolore, ma anche che senso ha amare o essere traditi. In una società come la nostra si presentano con forza tutte queste tematiche e la risposta non può venire dalla scienza». Lei è stato amico di Oriana Fallaci. Ora si trova a dover evangelizzare quell’Occidente che alla grande toscana stava molto a cuore, come si evince dai suoi libri. Forse Oriana sarebbe felice che sia stato scelto lei per questo compito. «Credo che Oriana - come mi hanno detto anche tanti amici comuni - sarebbe stata molto contenta. Io, però, non potrei realizzare tutto ciò che Oriana avrebbe voluto. Con lei c’era un bellissimo dialogo, ma comunque critico». Il suo nuovo incarico arriva in un momento di grande difficoltà per la Chiesa. Gli scandali legati alla pedofilia, poi le vicende di questi giorni che riguardano alti prelati. Lei crede che ci sia un disegno contro di voi? «Che sia un momento di difficoltà dovuto a sbagli oggettivi di molti uomini di Chiesa credo sia sotto gli occhi di tutti. Penso, però, che sia sotto gli occhi di tutti anche un altro fatto fondamentale. Ovvero che la Chiesa è capace di chiedere scusa e riconoscere i propri errori. Se si comportassero in questo modo anche tanti altri gruppi presenti nella società, probabilmente il mondo sarebbe migliore. Il problema è che solo noi ammettiamo i nostri errori rischiamo di farci carico esclusivo di problemi che non sono soltanto nostri». Può fare un esempio? «Prendiamo il problema della pedofilia. Sembra che riguardi solo la Chiesa, ma non è così. È un cancro della società e di una cultura che oggi prende sempre più piede. Se si considera che in Olanda fino a poco tempo fa esisteva un partito politico a favore della pedofilia, può capire a cosa mi riferisco». Come potrà uscire la Chiesa da questo momento di difficoltà? «Sono sicuro che la Chiesa uscirà più forte e anche più credibile da tutto questo. Proprio perché sa riconoscere gli sbagli. Papa Benedetto XVI, poi, ha indicato il cammino da seguire e la Chiesa ha davanti a sé una traiettoria che è sostenuta dall’esempio di tutti i nostri sacerdoti. In Italia ce ne sono oltre 400mila. I casi a cui abbiamo fatto riferimento riguardano circa una decina di persone. Mentre tutti gli altri sacerdoti ogni giorno ci offrono una testimonianza di santità, di carità e dedizione». Ultima domanda, visto che sta presentando un libro. Qual è l’autore che preferisce? «Ci sono tanti autori. Ma il libro a cui ritorno sempre e che rileggo sempre con piacere è “Il piccolo principe” di Saint-Exupery». di Francesco Borgonovo