Fmi 30milioni di posti lavoro a rischio. Obama "serve collaborazione"

bonfanti ilaria

Il Fondo Monetario Internazionale lancia l'allarme, mettendo in guardia i leader del G20. Senza un accordo in grado di produrre politiche anti-crisi coordinate si rischiano, infatti, entro i prossimi cinque anni, ben 30milioni di posti di lavoro e circa 4mila miliardi di produzione industriale. I dati sono stati riportati nel documento distribuito ai partecipanti al summit di Toronto. E, secondo il ministro delle finanze canadese, Jim Flaherty, deve essere questa notizia a spronare i "Grandi della Terra" nel trovare degli standard comuni, volti alla ripresa e alla necessità di creare società più eque. Sullo sfondo del vertice permangono, però, le profonde divisioni tra Usa ed Europa. Da un lato, infatti, Washington insiste sulla necessità di sostenere la domanda interna mantenendo gli incentivi all'economia, mentre, dall'altro, il Vecchio continente, sulla scia del crac greco e delle difficoltà spagnole, considera prioritaria la riduzione dei debiti pubblici. La bozza del G8 tra sfide globali e crisi economica - "In un momento in cui la ripresa prende piede, ci troviamo a un crocevia - si legge nella bozza del documento finale del G8 - e la speranza, l'ottimismo nascenti possono essere incanalati verso la costruzione di società più sicure, eque, partecipative e sostenibili in tutto il mondo", mostrando "allo stesso tempo un'attenzione via via maggiore al miglioramento e alla valutazione efficace del benessere dei popoli". Un passaggio essenziale, quello sullo stato di salute dell'economia, affrontato nella prima parte del  G8, quella dedicata alle sfide globali e ai problemi legati alla crisi. Obama insegue la strada delle riforme e della collaborazione - Partendo per Toronto, il Presidente americano, Barack Obama, si è augurato di proseguire sulla strada dei progressi registrati nel corso dei due precedenti G20. Secondo il Presidente, infatti, sia il G8 che  il G20 devono proseguire sulla strada delle riforme per arrivare a far ripartire la crescita, ricordando che la ripresa economica dipende da un sistema finanziario più robusto. E la "tre giorni non-stop", cominciata oggi con il G8, continuerà domani con il G20. Il Capo della Casa Bianca si augura che l'incontro di Toronto si riveli utile per promuovere la crescita, riformare la finanza e, più in generale, rafforzare l'economia globale, unendo gli sforzi di tutti, dato che l'attuale crisi ha dimostrato, e gli eventi lo confermano, che le economie nazionali sono inestricabilmente intrecciate. Per Obama sarebbe infatti sufficiente una singola turbolenza economica per contagiare le economie degli altri Paesi e "salvaguardarne ciascuna significa aiutare a proteggerle tutte". E la notte scorsa il Congresso americano ha trovato l'accordo sulla "Riforma finanziaria 1", che, secondo il Presidente, contribuirà a rendere Wall Street più responsabile. "Ora gli americani - ha aggiunto Obama - potranno usufruire di regole più severe per la protezione dei consumatori in materia finanziaria". Sono tutti favorevoli sull'imminente necessità di una crescita sostenibile e equilibrata, ma sembrano ancora molto lontani sul metodo da adottare per raggiungere l'obiettivo. E nel G20 di Toronto, preceduto dal G8 programmato sabato e domenica, i "Grandi della Terra", che rappresentano circa il 90% del Pil mondiale, saranno seduti alla tavola rotonda, allestita per cercare nuove soluzioni all'attuale crisi economica globale. Tanti i problemi da affrontare e un rischio che aleggia nell'aria. Quello che la seduta si concluda senza nulla di fatto. Il metodo anti crisi- Nella città canadese ognuno dei Grandi si presenterà con idee diverse, mosso da altrettante esigenze differenti e accomunati dal quadro generale, poco rassicurante, dell'economia mondiale, con i Paesi emergenti, da un lato, che si avviano verso la ripresa, e il blocco dei più industrializzati, dall'altro, che viaggia con tassi di crescita molto più lenti e contenuti. Ma anche tra le "economie mature" le posizioni non sembrano affatto compatte. Si cominincia dal Presidente degli Stati Uniti, Obama, che chiede, pressante, più stimoli all'economia, in vista della riduzione del debito, fino all' Europa, in particolare alla Germania della Merkel e alla Francia di Sarkozy, che ha deciso di puntare maggiormente sul risanamento dei bilanci e il consolidamento dei conti, con le politiche di austerity in tasca. Un'azione coordinata-  Dalla riunione emerge, quindi, con chiarezza la volontà comune dell'"agire con determinazione, in modo coordinato e collettivo, per una crescita lenta", anche se questo non è sufficiente dato che le politiche da perseguire per assecondare la ripresa seguono strade diverse. E' il caso della tassa sulle banche o quello delle transazioni finanziarie, necessarie, secondo la maggioranza, a spostare il peso della crisi anche sul settore finanziario, riequilibrando così il debito pubblico con il privato.  Ma che vede il fronte del "no" convinto dei Paesi emergenti, ovvero Cina e Brasile, schierate in prima linea.Gli intermediari sono al lavoro da settimane intere, e, anche se tutto è ancora aperto alcuni osservatori vicini al "dossier"  sottolineano come  sia "difficile "che passi". Sullo sfondo permangono ancora i tradizionali temi, affrontati negli ultimi quattro G20, sulla crisi, come il nodo del rafforzamento del capitale delle banche e della liquidità per garantire il credito, la riforma dei mercati dei derivati, una riforma delle le istituzioni finanziarie internazionali. A cominciare dall'Fmi per cui, ormai da tempo, riusulta aperto il confronto per un rafforzamento, sia in termini di risorse, sia di governance, passando poi al ruolo e il collegamento con l'Fsb, il Financial stability board, guidato dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi. Fino ad arrivare alle regole di Basilea. Da non dimenticare il protezionismo e la lotta ai paradisi fiscali, per cui si potrebbe tornare a sottolineare la necessità di un rafforzamento dei controlli e nuovi monitoraggi da parte dell'Ocse. Una  probabile rottura- In conclusione, a Toronto,  si rischierà così, secondo i segnali già raccolti finora,  di rompere il fronte della compattezza che aveva visto i Grandi a Londra tutti d'accordo contro i paradisi fiscali e l'aumento delle risorse all'Fmi.