L'Osservatore Romano contro Saramago
Josè Saramago "è stato un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all’ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo". Così l’Osservatore Romano critica oggi il premio Nobel portoghese scomparso ieri. Il poeta aveva scelto "lucidamente" di autocollocarsi "dalla parte della zizzania nell’evangelico campo di grano" e "si dichiarava insonne al solo pensiero delle crociate, o dell’inquisizione, dimenticando il ricordo dei gulag, delle 'purghè, dei genocidi, dei samizdat culturali e religiosi". Il giornale della Santa Sede critica in particolare il Vangelo secondo Gesù, un’opera controversa, attraverso la quale il Saramago lanciò una "sfida alla memorie del cristianesimo di cui non si sa cosa salvare se, tra l’altro, Cristo è figlio di un Padre che imperturbato lo manda al sacrificio; che sembra intendersela con Satana più che con gli uomini; che sovrintende l'universo con potestà senza misericordia. E Cristo non sa nulla di Sé se non a un passo dalla croce; e Maria Gli è stata madre occasionale; e Lazzaro è lasciato nella tomba per non destinarlo a morte suppletiva". "Irriverenza a parte - si legge ancora sul quotidiano - la sterilità logica, prima che teologica, di tali assunti narrativi, non produce la perseguita decostruzione ontologica, ma si ritorce in una faziosità dialettica di tale evidenza da vietargli ogni credibile scopo". Per quel che riguardava la religione, "uncinata com'è stata sempre la sua mente da una destabilizzante banalizzazione del sacro e da un materialismo libertario che quanto più avanzava negli anni tanto più si radicalizzava, Saramago non si fece mai mancare il sostegno di uno sconfortante semplicismo teologico: se Dio è all'origine di tutto, Lui è la causa di ogni effetto e l'effetto di ogni causa". Un "populista estremistico" come Saramago, che si era fatto carico del perché del male nel mondo, "avrebbe dovuto anzitutto investire del problema tutte le storte strutture umane", invece di "incolpare, fin troppo comodamente e a parte ogni altra considerazione, un Dio in cui non aveva mai creduto, per via della Sua onnipotenza, della Sua onniscienza, della Sua onniveggenza".