Primo ok al taglio delle mini-province

Tatiana Necchi

Pollice all’insù - Arriva il primo ok per il taglio delle province che hanno meno di 200mila abitanti. La decisione è stata presa dalla commissione Affari costituzionali della Camera. L’emendamento del relatore Donato Bruno (Pdl) alla Carta delle Autonomie, attesa in aula lunedì 14, è passato con i voti del Pdl e della Lega. Il testo originario dell’emendamento, contro cui hanno votato Pd, Udc e Api, è stato modificato con l’approvazione di un sub-emendamento Lorenzin (Pdl) che abbassa la soglia a 150mila abitanti per le la soppressione delle province che abbiano almeno la metà di territorio montano. L’emendamento sulle province era l’unico rimasto da votare. Ora si attendono i pareri delle commissioni competenti sull'intero articolato, che molto probabilmente domani avrà l’ok con il mandato al relatore a riferire in assemblea. Il contenuto dell’emendamento - L’emendamento Bruno alla Carta delle autonomie del ministro Calderoli, passato con i voti di Pdl e Lega e modificato con una norma "ad hoc", a firma Lorenzin, per le comunità montane dice così: "Nell’esercizio della delega, il governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: previsione della soppressione di province in base all’entità della popolazione di riferimento, all’estensione del territorio di ciascuna provincia e al rapporto tra la popolazione e l'estensione del territorio e tenendo conto della peculiarità dei territori montani, ai sensi dell’articolo 44 della Costituzione". L’emendamento Bruno prevede inoltre che il governo, nella delega per l’abolizione delle Province, tenga conto anche della "previsione che l’entità della popolazione di riferimento non possa in ogni caso essere inferiore ai 200.000 abitanti, secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica relativi all’anno 2009". Secondo i dati Istat relativi all'anno 2009, quindi, le province da abolire in quanto rientrano nella categoria del disegno di legge sono quattro: Vercelli con 180.111 abitanti, in Piemonte; Isernia con 88.895 abitanti, in Molise; Fermo con 176.488 abitanti, nelle Marche; e Vibo Valentia con 167.334 abitanti, in Calabria. Altre tre province sono ancora in forse perché, pur avendo meno di 200 mila abitanti, potrebbero non rientrare in quanto al 50 per cento con territorio montano: si tratta di Biella, di Verbano-Cusio-Ossola in Piemonte e di Crotone in Calabria. La reazione del Pd - «La carta delle Autonomie di Calderoli e del governo Berlusconi parte male, se questo è il testo voteremo no e faremo una battaglia seria e determinata. È uno svuotamento pesante innanzitutto dello spirito e delle intenzioni dimostrate al varo dei decreti delegati, sui quali il Pd decise di astenersi». Così al termine della riunione della segretaria del Pd Davide Zoggia e Claudio Martini, responsabili Enti locali e Politiche del territorio, hanno commentato i contenuti della Carta delle Autonomie voluta dal ministro Calderoli. Secondo loro c’è uno “scollamento” tra la carta delle autonomie e il federalismo fiscalee anche con la nuova manovra finanziaria. Poi aggiungono: «Insomma chiusura pressoché totale sulle nostre proposte migliorative e sulle richieste di Comuni, Province e Regioni di tenere aperto un confronto permanente con governo e parlamento su un tema che li riguarda direttamente. È il tradimento di un impegno politico e istituzionale preso con il paese. Prima responsabile di questo flop è la Lega Nord, che sbandiera un federalismo spinto ma poi, di fatto, ha stoppato la riforma vera. Prima con la manovra finanziaria, che toglie risorse proprio alle competenze federali e ora con la Carta delle Autonomie, uno smagrito topolino partorito da una montagna fatta solo di parole. La Lega fa il doppio gioco e prende in giro gli italiani. Il Pd - concludono i due esponenti democratici - si opporrà a questo piccolo cabotaggio. Rilanceremo la nostra proposta di snellimento e riforma autonomistica, con un vero risparmio nel funzionamento di enti locali, ministeri e parlamento ed un rilancio autentico della democrazia, in questo tempo di antipolitica e di populismo retrivo».