Il regista di Avatar offre aiuto per fermare la marea nera, rifiutato

Paolo Franzoso

Le hanno provate tutte per fermare la marea nera. Non restava che affidarsi a James Cameron, regista da premio Oscar, maestro di fantascienza dove il bene trionfa sempre sul male. Sembra uno scherzo, invece non lo è. Il regista di Avatar si era proposto come consulente in qualità di esperto di fondali marini e proprietario di una flotta dal valore di 400 milioni di dollari dotata di mini-sommergibili, robot radiocomandati e un sistema di ripresa cinematografica subacquea all’avanguardia. La Bp ha declinato l'offerta. Dopo che anche l’ultimo tentativo è fallito con la mega-sega incagliata, qualunque consiglio proveniente da voci qualificate era il benvenuto per i dirigenti del colosso britannico Bp, accusati dal presidente Obama di aver causato “il più grande e terribile disastro ambientale che abbia colpito l'America”.  Cameron non ha preso bene il rifiuto e ha definito "imbecilli" i responsabili della catastrofe.  Esperto di riprese sottomarine, il regista aveva diretto il film "Abissi" nel 1989 con un team con "profonda" conoscenza del mare. Intanto l’amministrazione americana sta per aprire un’inchiesta criminale sul disastro. Obama in un discorso a Pittsburgh ha riconosciuto i pericoli delle trivellazioni in mare e lanciato la rivoluzione ambientale: “Un’America che marcia solo con il petrolio non deve essere la visione che abbiamo per i nostri figli”. Ironico il commento del New York Times: “Il candidato che camminava sulle acque è travolto da una crisi sott’acqua… Meno male che c’è Cameron”. Invece no. Nemmeno Cameron fermerà la marea nera. Su un sito internet è possibile paragonare la macchia di petrolio a qualsiasi posto del mondo. Si vede così che, puntando ad esempio su Bologna, ormai copre un'area che va da Genova a Venezia. Guarda quanto è grande la macchia di petrolio "se fosse a casa tua" sul sito  http://www.ifitwasmyhome.com/ La Bp non era pronta – In un’intervista rilasciata al Financial Times, l’amministratore delegato della British Petroleum, Tony Hayward, ha ammesso che la sua compagnia, e in generale tutte le società petrolifere, non era attrezzata per affrontare gli incidenti in fondo al mare. La compagnia si assunta l’intera responsabilità del disastro, ma secondo Hayward le colpe andrebbero suddivise con altre tre società:  la Transocean, proprietaria della struttura di trivellazione, la Halliburton, realizzatrice dell rivestimento in cemento del pozzo, e la Cameron International, responsabile della strumentazione di sicurezza necessaria ad evitare fughe di greggio e gas. Per evitare nuovi incidenti, Hayward promette che la Bp gestirà in proprio tutti i processi di trivellazione assicurando misure di sicurezza adeguate. La quotazione in borsa -  I pericoli per la Bp non provengono soltanto dalle coste delle Louisiana. La quotazione della società è in picchiata. Il valore delle azioni ha perso circa un quarto del suo valore dalla data dell’esplosione, il 20 aprile, e oggi, passando da quota 650 sterline a 443. Borsa a parte, la Bp ha già pagato 800 milioni di euro e si assumerà il costo (292 milioni di euro) della costruzione delle sei isole artificiali volute da Obama per arginare la marea nera. La reputazione e le finanze della Bp saranno intaccate per sempre.