Diktat Nato a Israele: liberare subito i detenuti
Dopo la condanna dell'Onu, pochi minuti fa è giunto anche il monito della Nato. Il segretario generale del Patto Atlantico, Anders Fogh Rasmussen, ha chiesto a Israele di liberare immediatamente i civili e le navi coinvolte nell'assalto alla flottiglia che portava aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Nuovi morti a Gaza - Nel pomeriggio è stata avvertita una forte esplosione nella parte nord della striscia di Gaza. Secondo quanto riferisce il sito Internet 'Palestine-infò, considerato vicino ad Hamas, un colpo di artiglieria israeliano sarebbe caduto nella zona di Beit Lahya. Al momento si registrano tre morti. Questa mattina erano partiti da quella zona due razzi che sono caduti nell'area israeliana di Ashqelon. La condanna dell'Onu - Questa mattina, dopo oltre 12 ore di lavoro, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu convocato d'urgenza ieri per far luce sul controverso attacco israeliano alla flottiglia di aiuti per la popolazione palestinese di Gaza ha elaborato una risoluzione di condanna per, la condotta di Israele, di "atti che hanno portato alla perdita di vite umane nell’incidente" di ieri. Con una dichiarazione letta dal suo presidente, l’ambasciatore del Messico Claude Heller, il Consiglio Onu chiede "di lanciare senza ritardi un’indagine imparziale, credibile e trasparente, conforme ai criteri internazionali". Il Consiglio di Sicurezza, inoltre, richiede "la liberazione immediata delle navi e dei civili detenuti da Israele". Ovviamente la risoluzione non è costrittiva ma è stata adottata all'unanimità dai membri del Consiglio. Ankara ha ribadito la sua ferma condanna in apertura di seduta, mentre l'ambasciatore di Israele all’Onu, Daniel Carmon, ha confermato da parte sua che "la flottiglia non aveva alcuna missione umanitaria". Il ministero della Difesa di Tel Aviv ha dichiarato che sarà impedito l'ingresso a Gaza a qualsiasi nuova nave di aiuti. Il movimento pro palestinese Free Gaza deve ancora decidere se le altre due imbarcazioni della Freedom Flotilla proseguiranno il loro viaggio verso Gaza. Le due navi sono l'americana «Challenger», che sta subendo alcune riparazioni nel porto cipriota di Nicosia, e l'irlandese «Rachel Corrie», con dieci passeggeri a bordo, fra cui il cittadino irlandese Denis Hallyday, ex coordinatore Onu per i diritti umani in Iraq. Secondo una portavoce, fra gli attivisti c'è la volontà di procedere comunque. La riunione - L'assalto alla nave di ieri, codificato dalla Turchia come "terrorismo di Stato". Ankara ha ribadito la sua ferma condanna in apertura di seduta, mentre l'ambasciatore di Israele all’Onu, Daniel Carmon, ha confermato da parte sua che "la flottiglia non aveva alcuna missione umanitaria". Sono distanti le posizioni della Turchia e degli Stati Uniti, tradizionalmente alleati di Israele e dunque orientati verso un documento più morbido. Nel corso della riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza, il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu ha ribadito la sua condanna all’incidente chiedendo che sia svolta una inchiesta per fare luce sui fatti. Il capo della diplomazia turca ha detto che Israele ha "perso ogni legittimità internazionale", commettendo un grave crimine in spregio a "tutti i valori che abbiamo giurato di difendere dopo la creazione delle Nazioni Unite". La nave del convoglio dove sono scoppiati gli scontri tra attivisti e soldati batteva bandiera turca, e la reazione di Ankara è stata particolarmente dura. Opposta è la versione di Israele: "Descritta dai media come una missione umanitaria, in realtà - ha detto l’ambasciatore aggiunto di Israele all’Onu Daniel Carmon - questa flottiglia non aveva nulla di una missione umanitaria. Quali attivisti per la pace usano coltelli, bastoni e altre armi per attaccare dei soldati che salgono a bordo di una nave in accordo con il diritto internazionale?". Il diplomatico alla fine ha concluso decendo che "non c'è una crisi umanitaria a Gaza". La stampa Usa - Con questo raid risultano ancora più complicati i tentativi del presidente Barack Obama di portare avanti un processo di pace in Medio Oriente. Anzi. Inserisce nuove tensioni in un rapporto già difficile. Questo è quanto si legge sul quotidiano "New York Times". Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha cancellato l'incontro con Obama previsto oggi a Washington. Ieri, al telefono, il presidente statunitense ha espresso profondo rammarico per la perdita di vite umane e sottolineato l'importanza di conoscere esattamente i fatti il prima possibile. Nonostante l’amministrazione Obama si sia espressa in maniera diplomatica sull'attacco i funzionari statunitensi, in privato, avrebbero provato, in realtà, sgomento, non solo per l'abbordaggio della "Freedom Flotilla", che potrebbe portare all’isolamento dal mondo dello Stato d’Israele. A irritare l’amministrazione statunitense sarebbero stati più che altro i tempi di questa nuova crisi, scoppiata proprio quando i colloqui tra israeliani e palestinesi stavano per ripartire. Già perché il problema è sempre Gaza. «Questo deplorevole episodio sottolinea che il blocco non è sostenibile» ha dichiarato al "New York Times" Martin Indyk, ex ambasciatore statunitense in Israele. «Serve a fermare gli attacchi di Hamas verso Israele, ma danneggia seriamente la reputazione internazionale dello Stato ebraico. Dobbiamo aiutarlo a trovare una via d’uscita» ha aggiunto. Obama e la sua amministrazione supportano ufficialmente il blocco di Gaza, così come fece quella del suo predecessore, George W. Bush. Ma Obama, secondo fonti ufficiose, avrebbe più volte espresso la sua frustrazione per l’emergenza umanitaria nella Striscia. In totale sono 480 i passeggeri della "Flottiglia Freedom", assaltata ieri dalla marina israeliana, arrestati dalle autorità israeliane: altri 48 sono sul punto di essere espulsi. La situazione dei prigionieri - In totale sono 480 i passeggeri della "Flottiglia Freedom", assaltata ieri dalla marina israeliana, arrestati dalle autorità israeliane: altri 48 sono sul punto di essere espulsi. Questo è quanto ha annunciato la radio pubblica dello Stato ebraico. I prigionieri, tutti attivisti che rifiutano il rimpatrio, sono stati rinchiusi in una prigione di Ashod, nel sud di Israele, mentre i 48 sono stati condotti all’aeroporto internazionale Ben Gurion per essere espulsi verso i loro paesi d’origine. Altri 45 passeggeri della flottiglia, per la maggior parte di origine turca, sono stati ricoverati in vari ospedali israeliani. Così come i 6 soldati dello Stato ebraico. I prigionieri dovrebbero essere interrogati in giornata. Al termine le autorità decideranno se liberarli o aprire un procedimento giudiziario. Gli italiani - La Farnesina ha confermato che sono 6, e non 4, gli italiani detenuti in Israele: Giuseppe "Joe" Fallisi, Angela Lano, Marcello Faracci (doppio passaporto italo-tedesco), Manolo Luppichini, Manuel Zani e Muhim Qaqer (doppio passaporto italo-palestinese). Tutti e sei saranno visitati oggi da un funzionario dell’ambasciata italiana a Tel Aviv. Stop alle navi - Nel frattempo questa mattina il vice-ministro della Difesa, Matan Vilnaï, ha dichiarato che Israele impedirà a qualsiasi nave umanitaria di entrare nelle acque nella striscia di Gaza. Eppure questa mattina, una nave della pace in partenza dall'Irlanda ha preso il largo in direzione di Gaza. "Noi andremo, la Rachel Corrye sta andando verso Gaza e non si fermerà, arriverà nel giro di qualche giorno ora si trova nel Mediterraneo. Siamo gente normale, molti di noi non sono nemmeno più giovani e certo molti sono spaventati, ma non ci fermeremo". Così ai microfoni di Cnrmedia Mary Hughes del coordinamento di Freegaza, a proposito della nuova nave partita dall’Irlanda che vuole raggiungere Gaza.