Lazio-Inter, Lotito: "Sono stato minacciato di morte"
Minacce di morte a Claudio Lotito: "Se domenica non perdete contro l'Inter sei morto". A denunciarlo è lo stesso presidente biancoceleste, che in un lungo comunicato rivela di aver ricevuto una busta con "proiettili di grosso calibro". In occasione del derby della Capitale e poi della partita con i neroazzuri, "ci si è lasciati andare a vere e proprie minacce fisiche sia ai calciatori che al Presidente ed ai dirigenti della Lazio - si legge nella nota - creando un clima di tensione che ha profondamente danneggiato l'immagine dello sport nella capitale e nel paese. La Lazio ed il suo Presidente ne sono stati vittime destinate: si è arrivati alla minaccia di morte (se non battete l'Inter siete finiti) inviata per posta, accompagnata da proiettile di grosso calibro, ma non per questo la battaglia contro un tal modo di intendere l'antagonismo sportivo è stata abbandonata". Infine Lotito ha precisato che la squadra "non deve chiedere scusa a nessuno; deve piuttosto ricevere le scuse da parte di chi, ignorando le proprie responsabilità, ha lanciato sugli altri colpe inesistenti». Obbedendo a uno dei tanti striscioni esposti dai tifosi capitolini e arrendendosi a un divario tecnico e di motivazioni tale da considerare già scontata la vittoria dell'Inter (sta al lettore scegliere la successione delle cause), ieri la Lazio si è scansata dalla lotta scudetto spianando la strada tricolore alla formazione milanese. Uno stadio semivuoto ma tutto nerazzurro, infatti, ha accompagnato la camminata vincente dell'Inter, capace di piegare la mediocre resistenza laziale con un gol per tempo (Samuel e Thiago Motta). Un brutto sgarbo ai benpensanti del fair play a tutti i costi, ma soprattutto ai malvisti cugini romanisti, per una volta pronti a considerare come alleati i biancocelesti per difendere quel primo posto ottenuto non senza difficoltà sabato pomeriggio al Tardini di Parma (2 a 1 il risultato finale). E in fondo il rancore dell'entourage giallorosso sta tutto qui. Sul campo di una squadra già salva, la Roma ha dovuto dar fondo a tutte le sue risorse agonistiche e tecniche, trovando nei ragazzi di Guidolin un avversario sicuramente non appagato. All'Olimpico, invece, si è assistito a un match già segnato, con ritmi da amichevole di inizio agosto e una Lazio (praticamente salva dopo l'1 a 1 di Bergamo) troppo debole e demotivata per impensierire la porta di Julio Cesar. Scandalo, dunque? Probabilmente no, in quanto il fatto stesso che tutti ritengano chiuso il torneo a 180' dalla fine fa capire che, come ogni anno e in qualunque campionato del mondo, le ultime gare riservano risultati già segnati prima del fischio d'avvio. Così è accaduto ieri all'Olimpico (può non piacere l'atteggiamento dei tifosi laziali, ma chi si aspettava che Floccari e compagni mettessero in campo l'ardore agonistico del derby?), così accadra con ogni probabilità nelle prossime due settimane. Il calendario, infatti, prevede che la capolista nerazzurra incroci i guantoni con il già salvo Chievo Verona a San Siro e il già condannato Siena in trasferta, due formazioni che molto probabilmente avranno la guardia abbassata e, forse, già le infradito ai piedi. Stesso discorso vale per la Roma, che sicuramente non fallirà i sei punti nelle prossime due gare con Cagliari e Chievo Verona. Insomma è vero che all'Olimpico l'Inter si è cucita sul petto lo scudetto, ma è altrettanto vero che, dopo l'ultimo, infuocato derby capitolino i giallorossi non potevano pensare che la tifoseria laziale riempisse lo stadio, spingesse a una vittoria inutile la propria squadra e, al contempo, regalasse il tricolore ai cugini tanto odiati. Potrà non piacere (e non ci piace), ma nel nostro campionato lacerato da violenza e divisioni ideologiche così va il mondo (e non da ieri). Infine un appunto sulla polemica, altrettanto sterile e ipocrita, sulla necessità di disputare le partite decisive in contemporanea. Per quanto questo aspetto sia legittimo, auspicabile e sacrosanto, è altrettanto vero che il campionato spezzatino è stato caldeggiato proprio da società e dirigenti, allettati dai soldini promessi di volta in volta dai magnati del calcio in tv. Insomma, oggi piange la Roma, domani toccherà ad altri. l'importante è che chi è causa del suo mal pianga se stesso.