Il Vaticano torna in banca a 30 anni dal crac dell'Ambrosiano
di Gianluigi Nuzzi- Chissà, magari tornano i momenti d’oro degli anni Cinquanta quando Beniamino Nogara aveva trasformato lo Ior, l’Istituto opere di religione del Vaticano in un’impenetrabile slot machine capace di moltiplicare gli investimenti della Santa Sede. Tanto da tenere tra il 2 e il 5% del mercato azionario italiano: «Dopo Gesù Cristo – stabilì il cardinale del triangolo con Cia e Dc Francis Spellman da New York – la cosa più grande capitata alla Chiesa Cattolica è Nogara». Beniamino Nogara Deve essere così, non c’è dubbio. Deve essere così se la segretissima banca del Papa, l’unica entro le mura leonine, ha appena sottoscritto un prestito obbligazionario da 100 milioni a 18 mesi con una clausola illuminante. Se lo Ior del neo presidente Ettore Gotti Tedeschi non porterà all’incasso questo bond verrà trasformato nel 2,3% della Carige. Dopo il crac dell’Ambrosiano, la morte di Roberto Calvi, ammazzato chissà dove e fatto trovare penzolante sotto il ponte dei Frati Neri, lo Ior non aveva più giocato con le partecipazioni bancarie, se non per ricucire ferite profonde. Lo scempio della banca di Calvi, la sequenza di suicidi, omicidi, morti sospette (Papa Luciani, Calvi, Sindona, Ambrosoli) e la saldatura con la finanza cattolica lombarda avevano fatto assumere allo Ior di Angelo Caloia posizioni meno aggressive se non meno evidenti al monopoli dell’azienda Italia. La segretissima banca del Papa, l’unica entro le mura leonine, ha appena sottoscritto un prestito obbligazionario da 100 milioni a 18 mesi con una clausola illuminante. Se lo Ior del neo presidente Ettore Gotti Tedeschi non porterà all’incasso questo bond verrà trasformato nel 2,3% della Carige. Ora invece, si dà il tempo a Gotti Tedeschi di salire in sella e addentrarsi nelle segrete cose della banca, con la benedizione del segretario di Stato Tarcisio Bertone e poi a fine 2011 si vedrà se questa mossa s’ha da fare. E’ comunque un segnale di rilievo che si accompagna al dinamismo della banca, alle leggere scosse telluriche iniziate nell’estate scorsa quando il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco aveva sottolineato in privatocome lo Ior fosse un «ente che fa più ombra che luce» e che fosse necessaria una «ristrutturazione» imposta da fattori sempre più rilevanti. Poche settimane e viene messo alla porta a settembre il presidente Caloia, ultimo dei fedelissimi di Wojtyla. Proprio colui che aveva raccolto l’ingombrante eredità di Marcinkus e per anni non si era accorto dei loschi maneggi del prelato Donato de Bonis con la storia di Enimont. A gennaio viene spedito in Africa monsignor Piero Pioppo, già segretario del cardinale Sodano. Va come nunzio apostolico in Camerun. Una scelta non commentata dalla stampa ma che riduce la catena di comando nella banca del papa. E’ chiaro che il dominus è la figura del direttore generale. E nella storia dello Ior ne sono succeduti diversi non sempre immuni dalle nefaste influenze e pressioni delle porpore. Togliendo il prelato, si lascia al management laico il ponte di comando. Sarà il presidente a dialogare direttamente con il collegio di controllo dei cardinali, introdotto senza efficacia da Wojtyla nel 1990, preposto a verificare la bontà della nuova gestione. Infatti la banca oggi vede alla guida un banchiere internazionale del profilo di Ettore Gotti Tedeschi, con ottimi rapporti con l’Opus Dei e con la comunità degli affari, dei banchieri e della politica. Bertone vuole una banca protagonista. In un paio di settimane Gotti Tedeschi inizia il cammino. Incontra i cavalieri della finanza bianca a porte chiuse alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Per raccogliere idee, piani di battaglia. Ricoagula certe forze, unisce i contatti, ben consapevole che le lancette del tempo camminano per tutti, a iniziare da Giovanni Bazoli. Poi inizia la fase operativa. La convenzione monetaria con l’Unione europea che introduce in Vaticano le tre direttive comunitarie e i regolamenti in materia di antiriciclaggio. Si attendono i lavori di una commissione mista, istituita tra Ue e Vaticano, proprio per verificare l’avanzamento dei lavori nel trasformare Vaticano SpA e la banca off shore in un ricordo Regole europee Entro il 31 dicembre scorso la Santa Sede era tenuta a recepire tutta la normativa ma ancora non è noto quanto sia stato fatto. Si attendono i lavori di una commissione mista, istituita tra Ue e Vaticano, proprio per verificare l’avanzamento dei lavori nel trasformare Vaticano SpA e la banca off shore in un ricordo. Ci riusciranno? Intanto la banca torna sullo scacchiere. La prima mossa è su Genova, città dove è già stato arcivescovo proprio Bertone e che vede ora come arcivescovo metropolita Bagnasco. Ma altre sono in serbo. Il cambio tra Caloia e Gotti Tedeschi, la scelta del bond come strumento finanziario, la strategia su una banca come Carige, l’alleanza con i relativi vertici, fanno presumere che la Santa Sede vuol tornare protagonista, meglio se lontano dai riflettori, anche perché non è poi così vero che il denaro sia lo sterco del demonio. gianluigi.nuzzi@libero-news.eu