Via Poma, "Volponi conosceva l'ufficio"
Oggi doveva essere il “suo giorno” nel processo del delitto di via Poma, ma Salvatore Volponi, ex datore di lavoro di Simonetta Cesaroni, ha presentato un nuovo certificato medico e non si è presentato nell'aula del carcere di Rebibbia dove è in corso il processo che vede imputato l'ex fidanzato della ragazza, Raniero Busco. Il 12 marzo scorso Volponi non si era presentato, perché «affetto da una depressione bipolare» da alcuni anni. Il suo legale, Maria Antonietta La Mazza, ha chiesto alla Corte di poter spostare la testimonianza di Volponi più avanti nel dibattimento. L'ex datore di lavoro della Cesaroni comunque potrebbe non rispondere alle domande del pm, avvalendosi della facoltà di non rispondere perché indagato in un procedimento connesso. Nel corso del dibattimento, in ogni caso, è emerso che «Salvatore Volponi conosceva l'ufficio di via Poma dell'Associazione italiana alberghi della gioventù, venne una volta per presentarci Simonetta Cesaroni». Così ha testimoniato Luciano Menicocci, impiegato dell'Aiag. «Volponi non andò mai nell'ufficio di via Poma - ha spiegato nel corso della sua deposizione - Simonetta Cesaroni fu presentata a me e Menicocci da Ermanno Bizzocchi nel cortile del palazzo» al quartiere Prati. Bizzocchi era il titolare con Volponi della Reli Sas, società di consulenza contabile e conoscente di Francesco Caracciolo Di Sarno, presidente dell'Aiag, che aveva indicato Simonetta per sostituire il contabile che si era licenziato dall'Associazione. Una ricostruzione, questa, ritenuta più attendibile dal pm Ilaria Calò. Volponi, secondo quanto riferito dalla sorella di Simonetta, Paola, la sera del delitto sostenne di non sapere dove si trovasse l'ufficio dove lavorava la ragazza. In quell'occasione, Paola ha riferito di aver avuto la sensazione che Volponi fosse molto agitato, mentre era impegnato a individuare l'indirizzo dell'ufficio nei pressi di piazza Mazzini. «Avevo bisogno di un aiuto per la contabilità – ha continuato Menicocci - Mi fu affiancata Simonetta Cesaroni. Per svolgere il lavoro ci vedevamo di pomeriggio due volte a settimana nell'ufficio di via Poma. Quando andai in ferie lasciai le mie chiavi dell'appartamento alla ragazza. Nel corso del lavoro con la Cesaroni una volta telefonò Bizzocchi e un'altra Volponi e parlarono con Simonetta. Entrambi sapevano dove stavamo. Anche Bizzocchi venne nell'ufficio». Tra i testimoni è stata sentita anche Maria Luisa Sibilia, impiegata Aig, che quel 7 agosto del 1990 lasciò l'ufficio per ultima, chiudendo le finestre, le porte interne e la porta di ingresso a chiave, intorno alle 15. La donna era il numero tre dell'Associazione: dopo Caracciolo sostituiva Carboni quando era assente. Nonostante ciò, ha affermato di «non aver mai conosciuto Simonetta Cesaroni» e di «non aver mai ricevuto direttive sul lavoro che questa ragazza avrebbe dovuto svolgere» La Sibilia ha anche riferito che a volte in ufficio veniva il portiere Pietrino Vanacore «per alcuni piccoli lavori - ha detto - Era Carboni a chiamarlo». Anche Giuseppina Faustini, altra impiegata dell'associazione, ha detto di «non aver mai visto Simonetta. Nessuno me l'ha mai presentata. Forse una volta è venuta accompagnata da altri, ma io ero in un'altra stanza». Simonetta Cesaroni fu uccisa il 7 agosto del 1990 con 29 coltellate nell’ufficio di via Poma, dove lavorava. Da allora in giallo è rimasto senza soluzione. Attualmente il processo vede imputato per l’omicidio Raniero Brusco, allora fidanzato con la vittima. Di recente i media sono tornati a parlare della vicenda, in seguito al suicidio di Pietro Vanacore, all’epoca portinaio dello stabile di via Poma.