Caos in Kirghizistan, ancora incendi e saccheggi/ Guarda il video
Mentre sale a 65 morti e 400 feriti il bilancio ufficiale dei violenti scontri di ieri in Kirghizistan tra manifestanti e forze dell'ordine. - «A Bishkek abbiamo al momento 65 morti e circa 400 feriti», affermano fonti del ministero, che ieri sera aveva parlato di almeno 47 vittime - si rende noto che il presidente kirghizo Kurmanbek Bakiev è rifugiato ad Osh. Anche se in un comunicato ufficiale, il presidente ha dichiarato di voler restare e di non cedere alla rivolta dell’opposizione che lo ha costretto alla fuga. In un comunicato ufficiale Bakiyev ha detto che non intende lasciare la presidenza e ha avvertito: il Paese è "sull'orlo della catastrofe umanitaria". Intanto i manifestanti dell'opposizione kirghisa hanno preso il controllo dell'edificio governativo di Osh, città del sud del Kirghizistan dove si è rifugiato il presidente, Kurmanbek Bakiev. Poco prima nella piazza principale della città si erano radunati circa 2.000 manifestanti, che hanno dato luogo a scontri con i sostenitori del presidente. La leader dell'opposizione kirghisa, Roza Otunbayeva, che ha assunto l'interim del governo del Kirghizistan dopo la fuga del presidente, Kurmanbek Bakiev, ha dichiarato disciolto il Parlamento. La Otunbayeva assicura comunque che la base militare statunitense di Manas, in Kirghizistan, fondamentale per le operazioni militari in Afghanistan, resterà aperta. Sull'accordo fra Kirghizistan e Stati Uniti sulla presenza e le operazioni militari della base di Manas, «non cambierà nulla», ha dichiarato. Intanto, continuano incendi e saccheggi nella capitale kirghiza Bishkek, nel secondo giorno della rivolta: la folla ha dato fuoco e saccheggiato parti del quartier generale del governo. Circa un migliaio di persone si trovano ora nella piazza di fronte alla sede del governo e alcune di loro stanno portando fuori arredi e tappeti. Dal sesto al settimo piano, che ospitano uffici presidenziali, si vede del fumo. Un ritratto insanguinato di Bakiev è appeso ad una recinzione antistante la sede del governo. L'opposizione, che forse non si aspettava un così rapido evolversi della situazione, ha invitato a mantenere la calma e a fermare danneggiamenti e ruberie. Opposizione che ormai in Kirghizistan controlla Parlamento, polizia, media e aeroporti. Roza Otunbayeva, la nuova premier kirghiza nominata dall'opposizione dopo la violenta rivolta di ieri, ha reso noto che le forze anti-regime controllano quattro regioni su sette del Paese. La Casa Bianca ha detto oggi che la caduta del governo nel Kirghizistan sarà tra gli argomenti del colloquio tra il presidente Barack Obama ed il presidente russo Dmitri Medvedev. Le rivolte di ieri - E' caos politico in Kirghizistan, piccolo Paese dell'Asia centrale, un tempo repubblica dell'Unione Sovietica. Tra martedì notte e mercoledì mattina sono esplosi violenti scontri tra oppositori del governo e polizia. Secondo quanto ha affermato Omurbek Tekebayev, capo del partito di opposizione, sarebbero rimaste uccise 100 persone. Il bilancio delle vittime sale di ora in ora, anche se è difficile avere una conferma univoca. Secondo i media locali, infatti, si parla di 17 morti e almeno 42 feriti. GUARDA IL VIDEO DEGLI SCONTRI Gli scontri sono cominciati ieri sera. Secondo testimoni la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti che questa mattina si erano dati appuntamento di fronte al palazzo presidenziale per chiedere le dimissioni del presidente Kurmanbek Bakiyev. Secondo alcuni media cecchini erano stati piazzati sul tetto del palazzo per sparare contro i dimostranti. E vi sono notizie, non confermate, di esponenti del governo presi in ostaggio. Partita contro l’aumento del prezzo del carburante, la protesta ora ha come obiettivo le dimissioni di Kurmanbek Bakiyev, il presidente, accusato dall’opposizione di gestire il potere in modo autoritario e corrotto, salito al potere nel 2005, dopo la cosiddetta rivoluzione dei Tulipani scoppiata in protesta contro brogli nelle elezioni parlamentari. Spiragli di pacificazione - Si profila una trattativa tra i capi dell'opposizione che hanno spinto verso le proteste di piazza e il governo. Tre su dieci esponenti dell’opposizione kirghisa, che erano stati arrestati nella notte, sono stati liberati e intendono intavolare trattative con il governo per fermare la spirale di violenze. Si tratta di Omurbek Takebaiev, Temir Sariev e Isa Omurkulov. Sariev ha spiegato che la coalizione dei leader politici ha concordato la nomina di un nuovo primo ministro, un nuovo ministro degli Interni e un nuovo capo della sicurezza.Occupata la tv di Stato - Questa mattina i dimostranti hanno occupato la sede della televisione di stato a Bishkek. Dopo un'interruzione, le trasmissioni sono ripartite con brevi messaggi pronunciati dai dimostranti. Secondo l’agenzia di stampa Interfax, diversi centri kirghisi sarebbero nelle mani dell’opposizione. Chiuso l’aeroporto - Lo scalo internazionale di Manas in Kirghizistan rimarrà chiuso a partire da questa sera, a causa dell’aggravarsi della rivolta anti-governativa in corso a Bishek e nel resto del paese. Massacrato di botte il ministro degli Interni - Alcune fonti dicono sia rimasto ucciso, altre no. Il ministro degli Interni kirghico Moldomusa Kaongatiev, comunque, non deve stare molto bene. Secondo il sito Fergana.ru, che descrive quanto accade nel Paese, "il ministro è stato picchiato con ferocia e non ha ricevuto alcuna asistenza medica", ma non è morto.Il militante dell’opposizione Shamil Murat, invece, ha confermato all'Associated Press di aver visto il cadavere dell’esponente del governo in un palazzo dell’amministrazione della città nordoccidentale di Talas. Murat ha spiegato che i dimostranti hanno fatto irruzione nel quartier generale locale della polizia, nel secondo giorno di manifestazioni contro il governo, e vi hanno trovato il ministro. A botte, l’avrebbero costretto a emanare un ordine alla polizia a Bishkek di fermare la repressione. Poi sarebbe morto per le ferite riportate. Scheda del Paese- Il Kirghizistan (capitale: Bishkek) è un'ex repubblica dell'Unione sovietica, piccolo Paese dell'Asia centrale, montagnoso e povero, prevalentemente agricolo, senza sbocchi al mare, di quasi 5,5 milioni di abitanti. E' però in un'area strategica della massima importanza e la tradizionale influenza russa sul Paese è contesa dagli Stati Uniti. Dopo il 2001 in cambio di grossi aiuti economici, ha aderito alla guerra contro il terrorismo degli Usa e accettato di ospitare la base aerea americana di Manas, fondamentale per le operazioni militari nel confitto in Afghanistan, oltre ad ospitare una importante base aerea russa. Nel 2009 il parlamento di Bishkek ha votato contro la base Usa e Washington ha dovuto pagare 180 milioni di dollari per tenerla operativa. Dal 1991, quando divenne indipendente con la dissoluzione dell'Urss, è diventato repubblica presidenziale, governata con mano ferma dal presidente Askar Akayev fino alla primavera 2005, quando sull'onda di violente proteste dell'opposizione - la "Rivoluzione dei tulipani" - dopo elezioni presidenziali giudicate fraudolente, dovette cedere il potere al leader dell'opposizione, l'attuale presidente Kurmanbek Bakiev. Dietro la rivolta popolare dei "Tulipani" c'era lo zampino di Washington, che finanziò le sommosse con denaro e armi (proprio come fece in Ucraina con la rivolta arancione e in Georgia). Bakiev, attuale presidente, fu poi eletto trionfalmente nel luglio 2005, promettendo di sradicare la corruzione, di promuovere lo sviluppo economico e di democratizzare il Paese. Ma da allora però molti suoi sostenitori sono passati all'opposizione, accusandolo di autoritarismo. Nel 2007 bakiev è stato rieletto, nonostante il pesante sospetto di brogli. Molti oppositori sono stati imprigionati e molti giornali chiusi. Identikit del presidente Bakiyev - Accusato di usare la mano pesante con gli oppositori politici e di alimentare la corruzione, Bakiyev ha instaurato un regime nepotistico che ha portato la famiglia presidenziale in tutti i gangli vitali del potere: suo fratello, Zhanishbek, è il capo dei Servizi di Sicurezza dello Stato, un altro fratello, Marat, è ambasciatore in Germania e il minore Adil, incaricato commerciale in Cina. Il figlio Maxim è il direttore dell’Agenzia di Investimenti.