Nuova Zelanda, polemiche eutanasia
Resa gravemente disabile da un'emorragia cerebrale 20 anni fa, una donna è morta in Nuova Zelanda dopo aver rifiutato di mangiare per 16 giorni. La vicenda ha riacceso il dibattito sull'eutanasia e sul diritto di commettere suicidio. Margaret Page di 60 anni, che era appassionata di nuoto subacqueo, kayak e insegnava karate ai bambini, viveva in una casa di riposo a Wellington dal 2001. La donna aveva cominciato a rifiutare il cibo a metà marzo, accettando solo qualche sorso d'acqua, ed è morta martedì notte. Una settimana fa aveva detto al quotidiano “Dominion Post” che non voleva più vivere e non aveva altro modo per mettere fine alla vita. Il direttore della casa di riposo che la ospitava, Ralph La Salle, ha detto che essa «ha mantenuto la determinazione di rifiutare il cibo fino all'ultimo momento di vita». Le ultime settimane sono state «eccezionalmente difficili per la signora Page, la sua famiglia, gli altri ricoverati e il personale», ha aggiunto. «È disgustoso che l'unica opzione rimasta sia quella di negarsi fluidi e cibo e seguire un macabro percorso di lenta tortura», ha detto il medico australiano e attivista pro eutanasia Philip Nitschke. «Quando la qualità della vita diventa così insopportabile che la morte è la loro unica scelta, dovrebbero poter andare nell'armadietto dei medicinali e prendere un farmaco che assicuri una morte serena e certa», ha aggiunto.