La rivolta dei 49 senatori Pd contro Bersani
Bersani ha i giorni contati. I suoi, dopo il risultato elettorale assai deludente, non sono disposti a concedergli altri passi falsi. Per adesso si limitano ai consigli e alle buone intenzioni, ma l'aria è pesante almeno quanto dopo le politiche che hanno segnato la sconfitta di Veltroni e il suo ruolo dal segretario del Pd. La lettera dei senatori - Oggi un gruppo di 49 Senatori del Pd ha inviato al segretario Pierluigi Bersani una lunga lettera in cui si chiede uno scatto di reni, immediato e decisivo. Altrimenti, good-bye Bersani. Si legge nel teso "il passaggio elettorale di questi giorni ci consegna molteplici spunti di riflessione. A nostro avviso ci troviamo di fronte ad un momento della vita del nostro Paese rispetto al quale s'impongono, da parte di tutti noi, una maggiore generosità nell'impegno, una più partecipata attività politica ed una nuova consapevolezza riguardo l'effettiva portata dell'emergenza democratica in cui viviamo". Bisogna muoversi subito. Bisogna accedere ad una nuova dimensione del nostro impegno. Serve un supplemento d'anima. I senatori del Pd invitano Bersani a cambiare passo: "bisogna muoversi subito. Bisogna accedere ad una nuova dimensione del nostro impegno politico che anche noi parlamentari spesso non esprimiamo con la necessaria efficacia. Serve un supplemento d'anima. Ti poniamo l'esigenza di incontrarci subito per riflettere insieme. Per trovare, dopo una leale discussione, la giusta strada da percorrere per servire degnamente il nostro Paese. Non intendiamo farci consumare addosso i prossimi tre anni della legislatura, immersi in un attendismo fideistico che assegna al destino il compito di liberare l'Italia dal sultanato che la devasta". La lettera è stata sottoscritta da senatori Democratici espressione delle diverse aree del partito: Gian Piero Scanu, Daniele Bosone, Gianrico Carofiglio, Marco Filippi, Giuseppe Lumia, Paolo Rossi, Alberto Tedesco, Claudio Molinari, Manuela Granaiola, Francesco Ferrante, Marilena Adamo, Vittoria Franco, Vincenzo Vita, Paolo Giaretta, Achille Serra, Roberto Di Giovanpaolo, Vincenzo De Luca, Franca Biondelli, Mauro Del Vecchio, Adriano Musi, Silvio Sircana, Felice Casson, Massimo Livi Bacci, Mariapia Garavaglia, Alfonso Andria, Giovanni Procacci, Franca Donaggio, Emanuela Baio, Luigi Lusi, Roberta Pinotti, Luigi De Sena, Leana Pignedoli, Flavio Pertoldi, Teresa Armato, Antonio Rusconi, Marina Magistrelli, Andrea Marcucci, Daniela Mazzuconi, Maria Teresa Bertuzzi, Anna Serafini, Mauro Marino, Ignazio Marino, Maria Fortuna Incostante, PaIn uolo Nerozzi, Anna Maria Carloni, Maria Leddi, Anna Rita Fioroni, Alberto Maritati, Tiziano Treu. Le critiche dei quotidiani di sinistra- Non sono per niente teneri le testate giornalistiche di area con il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Europa, il giornale della "vecchia" Margherita di Francesco Rutelli, è quasi spietato: "Negare i fatti o cercare scuse serve a poco: il Pd può diventare irrilevante". Nel mirino c'è la posizione di Bersani che "appare, ed è, solamente difensiva della sua gestione di sei mesi". Europa tocca un tasto delicato, le alleanze: "Bersani si muove su questa linea, peccato che la realtà gli si disfi sotto gli occhi" perchè "Udc e Di Pietro non sono coalizzabili, e lo saranno sempre meno". Amara anche l’analisi di Antonio Polito sul Riformista: "A furia di pareggi il Pd non vincerà mai lo scudetto". Il direttore scrive della "debolezza strutturale del Pd. Manca di una proposta convincente e dirompente su ciò che davvero interessa l'elettorato". Non è da meno Concita De Gregorio su L'Unità, che scrive di un voto fatto di "delusione e rabbia verso un centrosinistra che ha disatteso le aspettative" e parla di "cambiare la classe dirigente, puntare sul rinnovamento, su logiche nuove e non solo su somme aritmetiche di alleanze possibili, un progetto chiaro, semplice e alternativo che fosse anche, come dice Vendola, un nuovo racconto". Non credo - dice Di Pietro - ci siano leader nel centrosinistra che possano candidarsi per le politiche 2013. Certamente non Bersani. Di Pietro taglia le gambe a Bersani e apre la questione del leader per le politiche 2013 - Non sarà certo Bersani il candidato premier del centrosinistra per il 2013. In una conferenza stampa convocata alla Camera per commentare i risultati elettorali, il leader dell'Idv apre la questione delle politiche 2013: "Non credo - replica a chi gli chiede se il segretario del Pd sia in corsa - che ci siano leader nel centrosinistra che possano farlo". Non per questo Di Pietro si candida: "voglio fare il soldato, non il generale", dice e sono "disponibile a un'ipotetica alleanza di Governo solo per le materie di mia competenza". Ma l’Italia dei Valori avanza una richiesta molto precisa, rivolta innanzitutto all’alleato principale, il Pd: "Il candidato premier per il 2013 - ammonisce l’ex pm - non va individuato nel 2013, anche perchè non sappiamo quando finirà la legislatura. E poi non vogliamo che succeda come nel Lazio, che si alza uno una mattina e ci prendiamo un candidato perché‚ non ce n'è un altro". Di Pietro non fa nomi, "è il miglior modo - dice - per bruciare un candidato", ma chiede "una riflessione dei partiti e dei cittadini" sulla leadership. Anche il profilo che indica però è vago: "Dopo Berlusconi che ha creato grandi differenze sociali e nuove povertà serve - spiega - una personalità riconoscibile, un soggetto possibilmente fuori da una storia politica personale, con cultura, doti manageriali e mani pulite, per dare fiducia ai cittadini". Noi abbiamo bisogno di prendere il passo, il Pd deve radicarsi come grande partito popolare, del lavoro, della Costituzione e dell’unità del Paese. La replica di Bersani al Tg3 - "Mi pare francamente un pò prematura questa discussione sul candidato premier per le elezioni del 2013", ha detto Bersani al Tg3 rispondendo ad Antonio Di Pietro che ha invitato il centrosinistra ad individuare il candidato premier. "Lo vedremo e so che tutti assieme sceglieremo la persona che ci farà vincere. Di questo sono sicuro". Sulla lettera dei 49 senatori che chiedono un cambio di passo, Bersani risponde "noi abbiamo bisogno di prendere il passo, il Pd deve radicarsi come grande partito popolare, del lavoro, della Costituzione e dell’unità del paese".