Di Pietro a tavola con il boss mafioso
di Gianluigi Nuzzi - Dopo Bruno Contrada si chiama Ilia Pavlov il nuovo incubo che tormenta Antonio Di Pietro. Dal passato del leader dell’Italia dei Valori spunta ora una foto che lo ritrae ad una cena con una serie di discussi personaggi bulgari. Primo tra tutti appunto l’uomo d’affari Pavlov che pochi mesi dopo verrà ammazzato da un cecchino. Un colpo al cuore da 70 metri e il discusso finanziere esce di scena lasciando alle spalle i misteri di una fortuna accumulata in modo assai chiacchierato. Lo scoop lo firma il settimanale Panorama oggi in edicola con foto in copertina e cover story choc: “Di Pietro e il mafioso, le prove dei contatti fra Tonino e un boss bulgaro assassinato a Sofia”. La cornice è quella delle Sabbie d’oro, località di incanto per il turismo cinque stelle sul Mar Nero: 19 agosto 2002, la serata è cerchiata per il concorso di bellezza sulle passerelle. Aspiranti miss, bikini, occhi che scivolano sulle curve. Nella sala vip, ospite non riconosciuto il nostro leader dell’Italia dei Valori, vestito sportivo si gode lo spettacolo. Al tavolo, proprio di fronte a lui Pavlov, alla sua destra Ahmed Dogan che nel suo curriculum il settimanale indica che «nel 1986 è stato arrestato per attività terroristiche. In carcere per sei mesi, Dogan è stato condannato a 10 anni ma non li ha mai scontati per l’amnistia concessa dopo la caduta del muro. Oggi è il leader del Dps, il partito della minoranza turca. È ritenuto responsabile di brogli elettorali». È interessante anche il personaggio proprio a destra di Tonino: «Ivan Slavkov, è stato arrestato il 17 ottobre 2008: era assessore comunale di Varna per il partito di Ahmed Dogan. Le accuse? Riciclaggio, sfruttamento della prostituzione e droga. La sua banda sarebbe stata attiva fin dal 1996». Ma il personaggio chiave rimane di sicuro Pavlov. Quando è stato ucciso il primo quotidiano bulgaro Trud spiegò così i motivi di questa esecuzione: «L’omicidio è dovuto a interessi inconciliabili tra gruppi mafiosi». È da anni che su di lui circolano le peggiori notizie: avrebbe costruito il suo impero «grazie ai legami con gli 007 del regime comunista», sarebbe «in odore di mafia» tanto che «gli Stati Uniti gli negano la cittadinanza per due volte di seguito. L’ambasciata americana a Sofia parla di riciclaggio, furti e omicidi». La moglie di questo uomo d’affari si è vista rispediti indietro mille euro di finanziamento alla campagna elettorale del 19990 di Hillary Clinton: “Provenienza sospetta” disse il suo portavoce. Lo scoop di Panorama rafforza l’idea che Di Pietro sia quantomeno superficiale nei suoi incontri. Negli Stati Uniti, come raccontato da alcune foto pubblicate qualche settimana fa da Libero, scelse tra i suoi candidati personaggi coinvolti in truffe con i quali saliva su aerei executive. Poi la storia di Contrada svelata dal Corriere della Sera, ora il boss bulgaro. Da parte sua, Di Pietro la butta sulla teoria di sempre: il grande complotto ordito dalla stampa berlusconiana contro di lui. «Come al solito, anche questa volta, a ridosso delle elezioni, sulla carta stampata di Berlusconi tentano di infangare il mio nome e quello dell'Italia dei Valori – afferma in una nota –, imbastendo finti scoop che non hanno né capo né coda. Qualche settimana addietro ci avevano già provato con la storiella delle foto con Contrada e di fantomatici miei rapporti con la Cia e con la mafia italiana. Oggi Panorama ci riprova utilizzando altre mie foto del tutto neutre che mi ritraggono con esponenti politici, di governo e con imprenditori bulgari, all'epoca in cui io ero parlamentare europeo con delega ai rapporti con i Paesi dell'Est. Il settimanale Panorama utilizza queste foto per sostenere che io avrei avuto a che fare con la mafia bulgara e con fantomatici servizi segreti stranieri». In realtà la storia delle foto di Contrada escono sul Corriere della Sera di Ferruccio de Bortoli e che non è esattamente la “carta stampata di Berlusconi” ma che ha semplicemente pubblicato una succosa notizia. Di Pietro questo lo dimentica, meglio non lo può dire perché cadrebbe l’ipotesi del complotto berlusconiano. Che questa foto sia poi neutra lo diranno i lettori. Di certo è una coincidenza trovarsi a cena con tre commensali particolari: un uomo dalla pessima fama che verrà ucciso dai sicari un mese dopo, un altro che verrà arrestato per droga anni dopo e uno già condannato per terrorismo a dieci anni sebbene è da ricordare che la condanna venne inflitta nella vecchia Bulgaria comunista. Non spiega, invece, perché era quella cena e se fosse come dice, se davvero era foto neutre che lo ritraggono «con esponenti politici, di governo e imprenditori bulgari» sarebbe interessante sapere come europarlamentare cose lo accomunava a quel tavolo. Di Pietro quindi perde un’occasione per fare chiarezza. Avesse spiegato, il caso si sarebbe chiuso subito. Invece non dice perché era di fronte a Pavlov. E che il fatto fosse di qualche rilevanza lo sottolinea lo stesso fatto che il paparazzo sul posto riconosce l’ex Pm e lo fotografa. «I giornali di Berlusconi - conclude il presidente IdV - farebbero meglio a riferire anche come vanno a finire queste loro accuse strampalate, e ciò con la solita condanna per diffamazione che, regolarmente, i giudici comminano». Se fosse Silvio Berlusconi in maniche di camicia faccia a faccia con un personaggio che gli Usa non vogliono a casa loro, che le polizie indicano in odore di mafia, come sarebbe stata la reazione di Di Pietro? Qui invece la difesa procede come sempre: nessuna spiegazione, complotto della stampa berlusconiana e querela. Uno schema ripetuto altre volte che non sottrae peso alla questione politica. Soprattutto in un partito come l’Italia dei Valori dove l’anima intransigente non fa sconti a nessuno. Nemmeno a Di Pietro. E questo Tonino deve averlo valutato. Il partito solo pochi anni fa era un monolite con il profilo di Montenero di Bisaccia. Oggi Luigi De Magistris si scalda da punta per la fascia da capitano.