Soldi e escort a sinistra: Frisullo in manette

Eleonora Crisafulli

di Roberta Catania - Non solo escort. I favori che Gianpaolo Tarantini avrebbe elargito all’ex vice presidente della Regione Puglia, Sandro Frisullo, sarebbero stati affiancati da corpose mazzette di banconote fruscianti. Nell’ordinanza d’arresto scatatta ieri si parla di 12mila euro al mese per tutto il 2008 e di un “premio produzione” di altri 150mila. Senza contare altri benefit e regali preziosi che l’imprenditore barese racconta ai magistrati di avere dato dal 2008 in poi  a colui che in quel periodo era il vice del governatore Nichi Vendola. In cambio, il 55enne leccese finito in carcere, avrebbe messo Gianpi in condizione di vincere appalti per milioni di euro. Le “mazzette sessuali”, come ormai noto dall’estate scorsa, quando Frisullo diede le dimissioni, erano offerte in un appartamento alle spalle del Lungomare su cui affacciano gli uffici della Regione. I pagamenti classici, invece,  avvenivano «in busta chiusa» nel parcheggio di un distributore di benzina. E così mentre uno faceva il pieno di soldi, l’altro si svuotava le tasche in cambio della garanzia di “vincere” gli appalti più remunerativi della sanità regionale. STIPENDIATO DA GIANPI Finora si era pensato che Frisullo avesse solamente beneficiato di qualche ragazza del giro di Gianpi, con il sospetto che l’imprenditore sperasse di ricavarne vantaggi lavorativi. Leggendo le 53 pagine della misura cautelare emessa ieri si capisce che quell’idea ricalca in pieno il quadro accusatorio messo insieme dai magistrati e avallato dal gip di Bari.  Secondo il pool di tre pm, infatti, oltre allo “stipendio” mesile di 12mila euro, e ai 150.000 euro pagati in un’unica tranche, ci sarebbero stati anche regali compromettenti. Costosi capi di abbigliamento, buoni benzina e le ormai note prestazioni di natura sessuale da parte di Maria Teresa De Nicolò, Vanessa Di Meglio e Sonia Carpentone, alcune delle ragazze che figurano nel libro paga di Gianpaolo. Il giovane imprenditore, per l’amico diessino, avrebbe anche messo a disposizione una macchina con autista e offerto un servizio di pulizia per il pied a terre barese di via Giulio Petroni, l’alcova degli incontri amorosi già ammessi dall’ex di Rifondazione. Eppure, nonostante la generosità del 35enne, il politico locale non mostrava molta riconoscenza: «Una volta si lamentò del ritardo nei pagamenti», fa mettere a verbale Tarantini, diventato un “pentito” delle maxi inchieste baresi. Anche se, dal punto di vista del 55enne leccese, battere cassa sarebbe stato un diritto ottenuto in cambio di appalti preziosi. «Insieme all’imprenditore barese Domenico Marzocca», indagato a piede libero, Tarantini dice di essersi accaparrato «appalti per un milione di euro, per la fornitura di materiale sanitario, e per quattro milioni di euro, per la “gestione dinamica dei documenti cartacei e cartelle cliniche” banditi dalla Asl di Lecce». I PAGAMENTI Lo scambio tra i due inizia gradualmente, stando alla confessione di Tarantini. «Ho conosciuto Frisullo attraverso De Santis», spiega Gianpi riferendosi a Roberto (l’amico fraterno di Massimo D’Alema), e «che me lo presentò nel 2006/2007. Frisullo sapeva delle ragazze che frequentavo. Quando il rapporto con lui si intensificò, pensai di sfruttare l’opportunità rappresentata dal fatto che lui era assessore e vicepresidente della giunta regionale, chiedendogli alcuni piaceri in cambio di denaro, cosa che effettivamente avvenne. (…) Con Frisullo avevo un accordo per una sorta di “protezione politica” ad un costo fisso di 12.000 euro a mese, somma che ho versato da gennaio/febbraio 2008 fino a novembre 2008. Per le delibere che avevo vinto alla Asl Lecce consegnai a Frisullo in due, tre tranche 50.000 euro. Di seguito iniziai i pagamenti mensili. In particolare», prosegue l’imprenditore finito ai domiciliari nel settembre scorso, «gli chiesi una estensione, per forniture alla Asl di Lecce, di una delibera già fatta per il Policlinico Bari per circa due milioni di euro» effettivamente «aggiudicata alla Tecnohospital per acquisto di ferri chirurgici fino alla soglia del 40% senza nuova gara in virtù di una legge regionale». Presa confidenza con il “contatto”, Tarantini lo sub-affitta a imprenditori amici. «Marzocca aveva l’esigenza di concludere una gara con la Asl di Lecce», si legge ancora nell’interrogatorio, «e mi promise dei soldi per il mio intervento con Frisullo. Infatti ebbi da Marzocca 70/80mila euro in varie tranche da 20/25mila euro l’una. Lui mi dava una busta nella quale c’erano i soldi. A Frisullo consegnai complessivamente circa 80.000 euro trattenendo per me solo 10.000 euro. Concordai con Marzocca il pagamento di 100.000 euro destinati a Frisullo». Quando arrivava il momento di dare la fetta destinata al politico, gli incontri erano organizzati in luoghi «sicuri». Tanto che il “pentito della sanità” racconta nel dettaglio: «Ho dato i soldi a Frisullo nella sua stanza alla Regione o nella sua macchina, a volte messi in busta. Nessuno era a conoscenza di queste tangenti. Spesso ci incontravamo al distributore Q8 a San Giorgio/Torre a Mare. Lui arrivava con la sua macchina, faceva uscire l’autista della Regione, tale Pippi, e io entravo e gli davo i soldi». Anche quando l’assessore aveva iniziato a temere le indagini, poiché «mi aveva detto di aver trovato una microspia nella sua macchina e mi fece anche vedere dove era stata posizionata», rivela Tarantini, «continuai a pagarlo. Anche quando i rapporti tra noi si allentarono». LEGATO A D’ALEMA I legali dell’ex vice di Vendola si dicono «increduli dell’arresto» perché Frisullo «aveva da tempo abbandonato la politica». Eppure c’è un’intercettazione di un paio di mesi fa, del 17 gennaio, in cui si sente l’ex assessore parlare in codice con un amico. « Io non sono in vetrina, ma sono ancora nel negozio», dice lasciando intendere di non essere affatto uscito dal giro. Giro, tra l’altro, che sembra essere sempre lo stesso. «Mi dispiace di non potervi dare una mano direttamente ma, insomma, per quello che posso fare, non sono mai andato fuori. Adesso sto al fianco di Boccia. E qui la cosa che tu hai sicuramente messo a fuoco che qui non c’entra né Boccia né Vendola, qui c’entra D’Alema», sottolineando la sua indiscussa fedeltà a Baffino, «perché D’Alema ha messo la sua faccia per fermare prima Michele Emiliano che pensava di essere il padrone del partito. Che poi sta mettendo la sua faccia per fermare l’altro sodale di Michele Emiliano, in combutta...».