Silvio: libertà mutilata

Albina Perri

Un palco di quattrocento metri quadrati, neanche si dovessero esibire gli Iron Maiden. Ma Silvio Berlusconi si sa com’è: vuole le cose in grande, le mezze misure non lo interessano, lo annoiano. «Dobbiamo portare in piazza 500mila persone», è l’obiettivo che ieri il presidente del Consiglio ha imposto ai dirigenti del Popolo della Libertà. E si va in piazza San Giovanni senza rete: non ci sono trucchi per accalcare la gente tutta insieme, gli spazi occupati sono gli stessi del 2006. Per dimostrare la potenza della mobilitazione anche una foto satellitare, tipo google map, in modo da immortalare il popolo azzurro in tutta la sua densità. Ma arriverà, il popolo azzurro? Mettere su un ambaradam del genere in una settimana è un’operazione molto rischiosa, il Cavaliere ne è assolutamente consapevole. Non a caso Berlusconi ha deciso di inasprire i toni della protesta politica, per risvegliare l’orgoglio dell’elettorato di centrodestra e motivarlo al punto giusto da farlo scendere in piazza a protestare. Ieri il presidente del Consiglio ha fatto gli straordinari: tre messaggi, un’intervista per Studio Aperto, un videomessaggio per i Promotori della Libertà, una lettera per i Club di Mario Valducci. Silvio: ci sono dei magistrati che spendono i soldi dei contribuenti per cercare di accusare il presidente del Consiglio Berlusconi picchia duro. All’inizio la piazza era motivata soltanto dallo scippo di Roma, la lista PdL esclusa dai giudici nella capitale e in provincia. Ora il Cavaliere aggiunge altro combustibile. L’inchiesta di Trani, per esempio, e le intercettazioni delle sue telefonate: «È una vicenda grave», dice Silvio parlando a Studio Aperto, «segno di una libertà mutilata e offesa. Ci sono dei magistrati che spendono i soldi dei contribuenti per cercare di accusare il presidente del Consiglio». In più c’è pure «una violazione della competenza territoriale». Non è finita. Silvio mena, come un fabbro: «La reiterata azione della magistratura» ha l’obiettivo di «sottrarre tempo all’attività di governo e c’è da chiedersi se una delle finalità sia proprio impedire di far lavorare il presidente del Consiglio». In mattinata, invece, Berlusconi aveva inviato un messaggio ai Club della Libertà, coordinati da Mario Valducci. «Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale», lamenta il Cavaliere, «l’alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini». Terzo siluro ai pm. «Ci hanno provato in Lombardia e a Roma dove non hanno consentito la presentazione delle nostre liste ed hanno cercato di far credere a tutti che la colpa fosse dei nostri delegati». Adesso ci provano ancora, e il riferimento è alle inchiesta di Trani, «con le ormai consuete accuse ad orologeria enfatizzate dai giornali compiacenti». Quest’ultimo attacco, però, è davvero troppo: «Non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire». L’invito allora è alla mobilitazione per piazza San Giovanni: «Tutti insieme manifesteremo in difesa del nostro diritto a votare, in difesa del nostro diritto alla privacy, per ribadire i risultati del nostro Governo e per far sottoscrivere ai tredici candidati governatori dei precisi impegni di lavoro». poi picchia di nuovo forte contro la sinistra: «Sono anni che dice di essere cambiata, ma non è vero. Sono sempre gli stessi» Nel corso del pomeriggio, a Palazzo Grazioli, Berlusconi riceve il ministro Michela Vittoria Brambilla. Silvio ha in mente di far debuttare i Promotori della libertà in piazza a Roma e con grande visibilità. Sabato vuole lanciare ufficialmente l’iniziativa coordinata dalla Brambilla. Alla quale affida un nuovo video messaggio. Il Cavaliere ricorda le parole con cui annunciò la sua discesa in campo in politica («L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti») e poi picchia di nuovo forte contro la sinistra: «Sono anni che dice di essere cambiata, ma non è vero. Sono sempre gli stessi». Ecco allora che ritorna la storia della scelta di campo. O noi o loro. Il referendum su Berlusconi. E menomale che le Regionali dovevano essere solo un test elettorale locale. di Salvatore Dama