E ora non stupiamoci se scoppia la violenza
di Giampaolo Pansa- È troppo facile scrivere: il Pdl nel caos. Il Popolo della libertà è certamente nel bordello come si diceva un tempo, o nella confusione come la correttezza lessicale ci impone di dire. E già questo sarebbe un guaio non da poco, trattandosi del primo partito italiano e visto che tra ventiquattro giorni andremo a votare. Ma il guaio diventa ancora più grande, e molto pericoloso, perché il bordellume di oggi non riguarda soltanto la parrocchia di Silvio Berlusconi. Riguarda un po’ tutti, anche quelli che non hanno mai votato per lui, né intendono votarlo. Come il sottoscritto, per esempio. Ma il guaio diventa ancora più grande, e molto pericoloso, perché il bordellume di oggi non riguarda soltanto la parrocchia di Silvio Berlusconi. Riguarda un po’ tutti, anche quelli che non hanno mai votato per lui, né intendono votarlo. Come il sottoscritto, per esempio. Martedì 23 febbraio, su “Libero”, avevo proposto un ritratto realistico del Pdl. Un leader troppo anziano e fatalmente indotto a sbroccare, come gli è successo subito un’altra volta, urlando contro «i magistrati talebani». Una fusione mal riuscita fra due famiglie, Forza Italia e Alleanza nazionale, incapaci di convivere. Uno dei due capi, Gianfranco Fini, sempre più deciso a mollare la baracca del Cavaliere per metterne su una tutta sua. La nascita di almeno tre correnti, più una miriade di clan locali o personali che si combattono senza pudore. Il predellino due Non m’illudo che Berlusconi legga i giornali, neppure quelli che non lo avversano per principio. Ma due giorni dopo, ossia il 25 febbraio, il Cavaliere ha tentato un colpo di scena, chiamato il Predellino 2. Parlo dei Promotori della Libertà, una struttura parallela, affidata a uno dei suoi ministri più fedeli, Michela Vittoria Brambilla. Una soluzione vecchia, impossibile da reggere soltanto grazie all’attivismo della signora. Infatti la trovata non ha retto neppure una settimana e oggi non se ne parla più. È accaduto che i Promotori sono scomparsi sotto l’urto dei Distruttori. Parlo dei funzionari e dei dirigenti del Pdl che hanno perso la battaglia delle liste da presentare. Scaraventando nella disperazione i due candidati governatori più importanti, Renata Polverini e Roberto Formigoni. I lettori di “Libero” sanno già tutto di questa storiaccia. Ben riassunta nel titolo deciso da Maurizio Belpietro: Pdl uguale a Polli della Libertà. Anche se non appartengo al pollaio, mi auguro che la questione venga risolta nell’unico modo suggerito dal buon senso: rimettere in corsa le liste bocciate. Mi fa tremare l’ipotesi che nelle due prime regioni italiane, Lombardia e Lazio, si tengano elezioni falsate da assenze tanto pesanti. Anche il Partito Democratico dovrebbe augurarselo. Quando sento Pierluigi Bersani dire: «Il Predellino alla prima curva è uscito di strada, adesso se la vedano loro», mi tappo le orecchie per non ascoltare simili bestialità. Perché è una bestialità pensare che il caos delle liste riguardi soltanto il Cavaliere e i suoi ridicoli funzionari? Perché so quali e quanti frutti avvelenati possano venire dalle malepiante faziose. Comprendo la gioia trionfante dei radicali. A loro non importa niente di una campagna elettorale tranquilla. Il motto che amano è quello di sempre: alta è la confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente. Frutti avvelenati Ma se la confusione non verrà evitata, la situazione diventerà pessima. Non voglio neppure immaginare che cosa potrebbe accadere se le liste cancellate non venissero riammesse. O peggio ancora ne fossero respinte altre, sempre del Pdl. Milioni di elettori si sentiranno privati del diritto di votare. E tra questi milioni qualche migliaio certamente reagirà. Non certo con comunicati di protesta. Bensì con azioni più decise: scontri di piazza, aggressioni ai candidati dell’opposizione, assalti ai seggi elettorali. Non ditemi che ho una fantasia perversa. Faccio il giornalista da cinquant’anni. E di morti ammazzati ne ho visti troppi sulle strade della politica. Il nostro sistema elettorale si regge su una legislazione tanto barocca quanto disattesa. Sino a ieri, si è sempre chiuso un occhio sulle violazioni formali di certe norme. È accaduto dappertutto, a cominciare dalle regioni rosse. Non raccontiamoci fanfaluche. È storia di ieri, non di un millennio fa. Anche capire che cosa è accaduto a Roma e a Milano, negli uffici incaricati di accettare le liste, servirebbe a ben poco. Del resto, non credo sia difficile intuirlo. Lo ha spiegato con chiarezza, e con l’equilibrio abituale, Stefano Folli, sul “Sole 24 Ore” di martedì. Il nostro sistema elettorale si regge su una legislazione tanto barocca quanto disattesa. Sino a ieri, si è sempre chiuso un occhio sulle violazioni formali di certe norme. È accaduto dappertutto, a cominciare dalle regioni rosse. Non raccontiamoci fanfaluche. È storia di ieri, non di un millennio fa. Eppure oggi qualcuno, «per pignoleria o perché ha deciso di creare il caso politico» dice Folli, ha scelto di mettersi di traverso. Sono i radicali, sempre dati per morti, ma capaci di una strategia nazionale molto complessa? Sono singoli magistrati, vogliosi di farla pagare al Cavaliere? Non ho una risposta. Ho piuttosto un consiglio per Berlusconi: stia più attento a come parla. E non dia dei “talebani” ai giudici proprio quando sono decisivi per la sorte delle liste elettorali. La par condicio In questo marasma è esplosa l’ira dei conduttori televisivi per qualche talk show sospeso sino alla fine di marzo. Allo scopo di garantire, così sento dire, la par condicio nelle trasmissioni d’informazione politica. Qui il caos scende al di sotto della mediocrità. Prima di tutto, per il profilo di alcuni dei protestanti. Tra quelli con la bandiera rossa, uno soltanto ha la classe impudente di un Santoro. Che la sera di martedì, astutamente ospitato da Lilli Gruber a “Otto e mezzo”, ha lanciato un grido di guerra sorprendente: «Faremo come i braccianti di Di Vittorio!». Che cosa intendeva dire San Michele da Annozero? Che lui e il suo robusto staff andranno nelle piazze italiane a offrire gratis il loro programma? Mio nonno, Giovanni Pansa, faceva davvero il bracciante. Ed è morto di fatica a trentotto anni, zappando il campo di un padrone. Quella di Santoro, un signore giustamente ben rimunerato per la sua bravura, mi è sembrata una bestemmia. Degli altri conduttori, stoppati per un mese, ho già scritto su “Libero” come la penso. Sono dei signori qualunque convinti di essere indispensabili alla democrazia e alla libertà d’informazione. Non è così, perché se lo fossero non avrebbero violato l’equilibrio del servizio pubblico televisivo. Escludendo i giornalisti sgraditi e dando sempre la preferenza ai loro compagnucci di sinistra. O pretendendo quello che pretende Santoro: di essere pagato dalla Rai, ossia dal canone che paghiamo noi, ma di fare come cavolo pare e piace a lui. Giornalisti mediocri La mediocrità dei vice Santoro è testimoniata da un episodio, registrato dal “Corriere della sera” di lunedì 15 febbraio. Giovanni Floris, quello di “Ballarò”, è andato a piangere tra le braccia di Fabio Fazio, dominus totalitario di un’altra trasmissione di Rai Tre, “Che tempo che fa”. E perché piangeva il prode Floris? Sentite un po’. Signor Floris si riposi per un mese, studi, scriva un libro, si diverta. Non cascherà il mondo se per qualche settimana ritornerà di moda la vecchia Tribuna elettorale. «Il servizio pubblico non è di tutti, ma dei partiti» ci ha rivelato il Ballorista, con l’aria di scoprire la ruota quadrata. «Se sono i partiti a decidere gli ospiti, gli argomenti e i tempi, io vengo invaso non dal pubblico, ma dal partito... Se dipendesse da me, non vorrei condurre Ballarò in questa fase». Detto e fatto, signor Floris. Si riposi per un mese, studi, scriva un libro, si diverta. Non cascherà il mondo se per qualche settimana ritornerà di moda la vecchia Tribuna elettorale. A volte era un po’ noiosa, ma sempre democratica. E soprattutto meno arrogante di una squadretta di signori che pretendono di “approfondire” le cognizioni politiche degli italiani. Senza avere né la cultura né lo stile adatti all’impresa. Ma solo tanta presunzione e molta puzza al naso. La stessa puzza che rende grotteschi i loro piagnistei da nababbi.