Telefonia, anche i politici nelle carte
Nell’inchiesta sul maxi riciclaggio spunta il nome di Gianfranco Fini. Secondo alcune fonti, Gennaro Mokbel parlando con il boss della 'ndrangheta Franco Pugliese, in una telefonata del 16 aprile 2008, cita il presidente della Camera, il quale avrebbe «convocato» Nicola Di Girolamo, appena eletto senatore del Pdl. Immediata la replica di Fini: «Francamente non ricordo nemmeno di averlo conosciuto. Vai a capire poi se l'ho visto. Mi pare però di poter escludere a priori di averlo convocato. Avevamo appena vinto le elezioni e con tutto quello che c'era da fare. Andrò a vedere l'agenda di quell'anno per verificare i miei appuntamenti. Tendo a escluderlo però. In ogni caso quale sarebbe il problema?». Il presidente della Camera aggiunge poi che, vista la gravità della vicenda e il coinvolgimento della ‘ndrangheta, se fosse senatore, voterebbe «per l'autorizzazione all'arresto». Infine spera che l’ombra infamante e offensiva sul partito e sul Paese possa essere spazzata via «al più presto» ogni «ombra offensiva e infamante». Intanto sono cominciati gli interrogatori di garanzia per gli indagati della maxi truffa dei telefoni che vede indagati Fastweb, Telecom Italia Sparkle, numerosi manager tra cui l'ex ad Silvio Scaglia e il senatore Pdl Nicola Di Girolamo. L'operazione (52 ordinanze di custodia cautelare in carcere e quattro ai domiciliari) ha preso spunto da un presunto riciclaggio da circa due miliardi di euro che sarebbe ruotato intorno ad operazioni eseguite da Fastweb e Telecom Italia Sparkle. A tenere gli interrogatori è il gip Aldo Morgigni, lo stesso che ha firmato i provvedimenti restrittivi, alla presenza del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, titolare degli accertamenti insieme con il sostituto Francesca Passaniti. Ancora ricercato Silvio Scaglia, fondatore di Fastweb ed ex amministratore delegato della società; tra gli arrestati Stefano Mazzitelli, già amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle, mentre una richiesta di custodia cautelare è stata sollecitata per il senatore Nicola Di Girolamo (Pdl), del quale si sospetta che l'elezione sia avvenuta grazie all' intervento della criminalità organizzata. Nell'inchiesta, culminata nella richiesta di commissariamento delle due società Tlc, sono coinvolti anche l'attuale amministratore delegato di Fastweb Stefano Parisi e Riccardo Ruggiero, presidente del Cda di Telecom Sparkle. La richiesta di commissariamento sarà valutata il 2 marzo dal gip Morgigni. Le accuse a Di Girolamo - "Il senatore Di Girolamo risulta essere promotore e capo di una associazione per delinquere che ha commesso delitti di eccezionale gravità ed ha cagionato all’Erario un danno stimabile in oltre 370 milioni di euro". Lo si legge nella richiesta di arresto del Gip, Aldo Morgigni, per quanto riguarda il senatore Nicola Di Girolamo. Il flusso di denaro - scrive il Gip - fatto transitare su conti correnti italiani ed esteri è pari a 2,222 miliardi di euro. Per il Gip "la consapevolezza della Fastweb spa e dei suoi vertici, ivi compreso il Presidente del Cda, Silvio Scaglia, circa la fittizietà dell’intera operazione discende oltre dal diretto coinvolgimento di membri della stessa società anche dall’esame della documentazione sequestrata nel corso delle perquisizioni effettuate nei confronti di Fastweb e dalle intercettazioni telefoniche effettuate". Il Gip contesta anche il modo in cui Di Girolamo venne eletto senatore. "Mokbel, Colosimo e Pugliese quali ideatori e Macori e Gabriele quali esecutori materiali - scrive il Gip - appositamente recatisi in Germania, hanno reperito presso elettori italiani immigrati e residenti in Germania ed hanno abusivamente riempito le relative schede elettorali con il nome di Di Girolamo Nicola Paolo". Per il Gip Di Girolamo "unitamente al Mokbel ed al Colosimo, si è recato in Calabria presso Franco Pugliese, legato alla cosca 'ndranghetista degli Arena, allo scopo di ottenere un appoggio politico, in particolare presso gli emigrati calabresi in Germania, alla sua elezione a Senatore nella circoscrizione Europa". La candidatura di Di Girlamo - scrive ancora il Gip - era "assolutamente strumentale agli interessi del sodalizio". Gennaro Mokbel ebbe contatti "con primari esponenti della scena politica nazionale" per trovare "un posto" alla candidatura di Nicola Di Girolamo nel Pdl. Lo si legge nella richiesta di arresto del Gip, Aldo Morgigni, per il senatore. Dalle conversazioni intercettate e dai contatti che il Mokbel ebbe, emerge che l’unico "posto disponibile" per Di Girolamo fu nelle liste per il Senato circoscrizione italiani residenti all’estero. In una delle intercettazioni di Mokbel con Di Girolamo si legge: "Dobbiamo trovare un altro partito dove infilarti, perchè ieri sera qui è venuto: il senatore De Gregorio, l'onorevole Bezzi, tutti quanti si so messi a taranterellà. Però, siccome De Gregorio è l’unico che ha l’accordo blindato con Berlusconi... Cioè si presenta in una delle liste..." continuando "... So successi de tutti accordi, e poi fanno la segreteria nazionale, non io, allora io adesso preferisco vedere se te trovo la strada sempre per Forza Italia, che sarebbe ancora meglio, domani mi viene la persona in ufficio...". La smentita del senatore - "Non ho mai avuto contatti nè con la mafia nè con la 'ndrangheta nè con la camorra. Sono stato una sola volta ospite in Calabria di un collega per una colazione elettorale e ci sono tornato, successivamente per ringraziare dopo l'elezione. Da parte mia c'è l'esigenza di conoscere le carte per rispondere punto per punto nella sede propria ed uniformarmi anche con quella che sarà l'indicazione del gruppo». Così Di Girolamo ha risposto ai giornalisti che lo aspettavano per una conferenza stampa. Foto compromettenti - A smentire il parlamentare di maggioranza ci sarebbero delle foto pubblicate sul sito dell'Espresso: sono state scattate durante una cena elettorale svoltasi nell'aprile del 2008 a sostegno di Di Girolamo e lo ritraggono in compagnia del boss della 'ndrangheta Franco Pugliese. In un'altra foto lo stesso boss è insieme a Gennaro Mokbel. Entrambi gli scatti mostrano i protagonisti abbracciati come vecchi amici, proprio come li descrivono gli inquirenti nelle carte che hanno svelato la colossale frode da due miliardi di euro di cui sono stati protagonisti. Del senatore pdl il Gip Aldo Morgigni ha chiesto l'arresto perché «sussiste il rischio concreto che egli possa fuggire all'estero, dove dispone di un patrimonio illecitamente accumulato di notevolissima entità».