Scomparsa collaboratrice di giustizia
“E' probabile che ci sia stato un epilogo tragico; la cerchiamo, speriamo di trovarla viva, ma le speranze sono davvero poche”. Il Procuratore della Repubblica di Campobasso, Armando D’Alterio, non vuole creare illusioni sul ritrovamento in vita di Lea Garofalo, collaboratore di giustizia scomparsa da Milano lo scorso 24 novembre. A denunciarne la scomparsa era stato l’ex convivente che doveva accompagnarla alla stazione. Durante la conferenza stampa di questa mattina D'Alterio si è soffermato sui rapporti della donna con la giustizia: "La sua collaborazione era iniziata nel 2002 e per questo le era stato assegnato un programma provvisorio di protezione su richiesta della procura di Catanzaro. Era a conoscenza di fatti e circostanze precise legate a episodi di cronaca che riguardavano le cosche della 'ndrangheta di Petilia Policastro, paese ad una manciata di chilometri da Crotone. Per questo, il 31 luglio del 2002, dopo il riconoscimento dello status di collaboratore, era stata trasferita a Campobasso". Dopo la morte del fratello Floriano, assassinato a colpi d'arma da fuoco, nel 2005 la donna si era allontanata dalla località protetta e il programma quindi le era stato revocato il 16 febbraio del 2006. Dopo un suo ricorso, il Consiglio di Stato dispone il reintegro nel programma di protezione. ma la Garofalo rinuncia per tornare nella sua abitazione di Petilia Policastro dove viene attivato un servizio di vigilanza radiocontrollata. La donna si riavvicina a Cosco, padre della figlia, con cui ha rapporti burrascosi: dopo l'ennesima lite, l'uomo avrebbe progettato di ucciderla. Massimo Sabatino, l'idraulico pagato per uccidere fallisce ed entrambi vengono arrestati. Nei giorni in cui Lea Garofalo e la figlia soggiornavano a Milano, anche Cosco e Sabatino si trovavano in città. Questa circostanza ne fa i principali indiziati. Per gli inquirenti è possibile che i due abbiano tentato nuovamente di rapire e uccidere la donna e abbiano portato a termine il loro progetto.