Incatena il figlio per andare a lavorare

Eleonora Crisafulli

«L'ho legato alla catena per paura di perderlo».  Laolu non è, come tutti si aspetterebbero, un cagnolino che il padrone si preoccupava di non far scappare, ma un bambino cinese di appena due anni. Il padre, un guidatore abusivo di risciò lo ha incatenato a un palo, davanti a un centro commerciale di Pechino, per proteggerlo da brutti incontri. Alle autorità che gli hanno ordinato di liberare il piccolo, Chen Chianlu ha spiegato che quello è l'unico modo per salvarlo dalla tragica sorte toccata poche settimane fa alla sorellina di quattro anni, rapita da gente senza scrupoli: «Non posso perdere anche lui. Mia moglie non può prendersi cura di Laolu e io devo provvedere al sostentamento della famiglia, per questo lo incateno quando sono in giro con il risciò». Chen, 42 anni, originario della provincia del Sichuan, è uno dei milioni di lavoratori cinesi che dalle aree rurali migrano verso le grandi metropoli in cerca di fortuna. Non ha diritto agli aiuti statali e vive con la sua famiglia in una stanza di 3 metri per 2. Per guadagnare l'equivalente di cinque euro, lavora tutto il giorno come guidatore abusivo di risciò, mentre la moglie disabile raccoglie rifiuti.