Ddl antipentiti, Maroni: "Non lo condivido e non uscirà"

Eleonora Crisafulli

«È una norma che io non condivido e se non la condivido io e non la condivide il ministro della Giustizia, non credo proprio che uscirà dalla Commissione». Così il ministro dell'interno, Roberto Maroni  ha ribadito la posizione del governo sul cosiddetto ddl antipentiti presentato dal senatore del Pdl Giuseppe Valentino. Il testo, ha spiegato Maroni, «è un disegno di legge presentato da un senatore, di cui io non sapevo nulla e di cui nessuno sapeva nulla. Ogni parlamentare può presentare tutti i disegni di legge che vuole». Ieri il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, dopo le critiche dell'opposizione al ddl Valentino, aveva precisato di essere «assolutamente contrario» al disegno. Quella del senatore, spiega il Guardasigilli, «è una iniziativa personale. E' fuori dal programma di governo, non fa parte dei progetti del governo, non è avvallata dal governo e non se ne è discusso con la coalizione». Il ddl Valentino - Il testo, presentato dal senatore del Pdl, Giuseppe Valentino, e fermo alla Commissione Giustizia di Palazzo Madama, prevede che la chiamata in correità da parte di un imputato non abbia il valore di prova in assenza di riscontri oggettivi. Di conseguenza se due di tre esponenti di un'associazione mafiosa accusassero il terzo di aver commesso reati da loro stessi confessati, servirebbero comunque dei riscontri oggettivi affinché le loro accuse possano venire considerate prova. Le reazioni di Pd e Idv - Pd e Idv si oppongono al disegno di legge, spiegando che la sua applicazione «diventa praticamente impossibile nei processi di mafia, nei quali trovare riscontri oggettivi alle confessioni di qualcuno è sempre un'impresa molto ardua». L'azzeramento totale della lotta alla mafia  Per Gianrico Carofiglio, magistrato e senatore del Pd «così si torna agli anni Sessanta, è l'uccisione e l'azzeramento totale della lotta alla mafia. Queste norme infatti spazzano via più della metà dei processi pendenti di mafia». Un colpo di grazia - Anche il procuratote aggiunto Antonio Ingroia ha parlato di «effetto devastante» del disegno di legge sui collaboratori di giustizia. Il ddl segnerebbe «un'inversione di tendenza con tutti i principi dell'antimafia dagli anni Ottanta ad oggi. Rischia di essere un colpo di grazia definitivo a tutto l'impianto della validità probatoria delle dichiarazioni su cui si è fondato il maxiprocesso di Falcone e Borsellino e così via». Insomma, per Ingroia, «si rischia di introdurre una breccia all'interno della legislazione antimafia che potrebbe travolgere anni e anni di lavoro», con pesanti conseguenze su tutti i processi in corso, persino su quelli già chiusi con sentenza definitiva: «infatti, si aprono insperate aspettative per i mafiosi oggi con tanti ergastoli alle spalle, che possono invocare una revisione del processo e delle sentenza sulla base delle quali sono stati condannati».