Omar, il terrorista della "porta accanto"
Da giovane promessa della medicina americana a leader della guerriglia islamica in Somalia. E’ questa la vita che Omar Hammami ha scelto per sè. Le foto del liceo lo ritraggono sorridente, con la maglietta e i pantaloncini infangati dopo la partita a calcio del College. Quella scattata alcuni giorni fa lo vede imbracciare un mitra nei deserti del Sahabab. Dall’Alabama alla Somalia per combattere una guerra che lui, nonostante sia cittadino americano, sente sua. Al liceo andava a mille e poco importava che il suo nome Omar, rivelasse le origini siriane ereditate dal padre. Lui è un "Alabam" un cittadino dell'Alabama come sua madre, una donna passionale che cosparge le sue conversazioni di parole come "zucchero" o "mio caro". Gli amici lo descrivono come uno che è sempre andato al massimo, qualcuno se lo ricorda cantare da solista "Away in a manger" durante la recita di Natale. Il suo migliore amico, Trey Gunter, racconta al New York Times che "era un tipo senza paura, con una divertente voce rauca. Sapeva che sarebbe diventato un leader". E, in effetti, Omar leader lo è diventato davvero. A circa 8.500 miglia dall'Alabama, sul confine orientale del Shabab, oggi combatte per rovesciare il fragile governo somalo filo-americano. Omar sta con i ribelli. Che lì sono noti per la ferocia con cui decapitano i nemici politici, lapidano le donne adultere e mozzano le mani ai ladri. Ho sposato il credo di Al Qaeda. Mi chiedete se l'America è per me un nemico da combattere? La risposta è ovvia: sì Con l'aiuto di Al Quaeda, sono riusciti a trasformare la Somalia in una meta obbligata per gli jihadisti di tutto il mondo. E Omar non è una mosca bianca tra loro, perché ce ne sono altri di nazionalità somalo-americana cresciuti a Minneapolis, che oggi hanno sposato la causa islamica. Ma è Hammami a colpire la fantasia della gente. Perché il suo volto pulito adesso ha una barba folta e un turbante che lo avvolge. Lui non se ne cura e si presenta col suo nome di battaglia, Abu Mansoor Al-Amriki, "l'americano". E quando parla alle telecamere per lanciare i messaggi di minaccia all'Occidente, il sorriso è lo stesso. Denti bianchi, regolari. È tutto il resto che è sparito. Ma il suo volto moderno no, anche se cozza terribilmente con la guerra medievale che porta avanti. In un recente video di propaganda lanciato su Youtube dichiara: "Stiamo aspettando il nemico che viene, andiamo ad uccidere tutti loro". E così Omar è diventato un simbolo. Colui che vince l'Occidente dall'interno: il suo in Somalia è un ruolo forte perché comanda le forze della guerriglia sul campo, organizza e pianifica strategie d'attacco insieme ad Al Qaeda. Un’icona della battaglia islamica. I suoi compagni l'hanno voluto come "sponsor" di una campagna di reclutamento per terroristi. Insomma, ora per gli Stati Uniti ora il terrorista è "l'uomo della porta accanto". Uno come Omar, per intenderci. Uno che cinque anni fa flirtava con la bella della classe vincendo ogni partita di calcio e che oggi, in un video su Youtube, dice di sè: "Ho sposato il credo e il metodo di Al Qaeda. Mi chiedete se l'America sia uno degli obiettivi legittimi della nostra lotta? La risposta è sì. Evidentemente sì." Maria Acqua Simi