D'Addario in fuga

Albina Perri

Presto, a sputtanare il Cavaliere Oltremanica, prima che si voti. C’è ormai scarsissima richiesta di mercato in Italia per Patrizia D’Addario. E non solo perché su di lei è stato aperto un fascicolo giudiziario dalla Procura di Bari per aver partecipato a un complotto contro Berlusconi. Ora punta addirittura a Londra, dove si accinge a girare una testimonianza per la Bbc. È di ieri, secondo quanto trapela dal Regno Unito, la sua firma in calce a un contratto con la Blakeway, casa di produzione indipendente, che ha in programma un’inchiesta che metterà a tema proprio “l’Italia di Berlusconi”, da vendere alla rete televisiva pubblica. Sono dunque le mire britanniche, con i loro prevedibili effetti sulla campagna elettorale italiana, a far sì che il profilo dell’escort 43enne, sul suo sito web, abbia anche una versione inglese. Da lì si apprende che «dopo il grande successo internazionale, e la costante presenza su tutti i mass media mondiali», è disponibile per «ospitate, interventi televisivi o come testimonial». Aggiunge l’artista che ha pronto uno show di 10 minuti, un brano dance, e perfino un numero di illusionismo. Comunque vanno benissimo anche radio, i teatri, discoteche o «location prestigiose». Lei: leggo su Panorama che sarei al centro di un complotto ai danni di Silvio Berlusconi, e che per questa ragione avrei ricevuto un compenso. Non mi resta che smentire  tutti gli aspetti di tale teorema nonché augurarmi che la magistratura faccia chiarezza Palazzo Grazioli no. L’ha già visitato in lungo e in largo fra l’ottobre e il novembre 2008 e in seguito è aumentata la vigilanza all’uscio. Da allora, la D’Addario ha girato come una trottola. Ha provato a sfondare a Parigi, dove non è stata accolta con entusiasmo. A Madrid è andata a farsi fotografare a seno nudo per un giornaletto scandalistico. Il suo libro non è un successone. Il 25 gennaio era al Midem, il salone del disco di Cannes, per presentare un suo album. L’ultima spiaggia per il rilancio è sulle gelide rive del Tamigi. Nel frattempo, anche se la Procura nega non le indagini su di lei, ma solo la «pretesa ipotesi di accordi fraudolenti miranti ad una calunniosa rappresentazione processuale, con conseguente iscrizione nel registro degli indagati di magistrati, politici, giornalisti o professionisti», l’aspirante star barese è costretta a mantenere un rapporto serrato con i suoi avvocati. Non ha nemmeno il tempo di replicare di persona alle rivelazioni di Panorama. Troppo occupata a contribuire a un altro complotto, stavolta mediatico, contro Berlusconi, non risponde ai cronisti estranei alla sua nuova impresa e fa sapere che non è disposta a parlare. Poi detta la sua smentita tramite lo studio legale Garofalo & Vigilante, che diffonde una nota: «Leggo sul settimanale Panorama, ripreso da tutti gli altri quotidiani, che sarei al centro di un complotto ai danni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e che per questa ragione avrei ricevuto un compenso. Apprendo anche di indagini su questo fantasioso complotto architettato da me ed altri non meglio specificati soggetti. Non mi resta che smentire ancora una volta tutti gli aspetti di tale teorema nonché augurarmi che la magistratura faccia chiarezza su tutta la vicenda nel più breve tempo possibile per fugare ogni dubbio». Dal settimanale della Mondadori, invece, nessun passo indietro, ma la promessa di un nuovo scoop. Le notizie riportate sul numero in edicola sono confermate tutte parola per parola, anche se «comprendiamo l’imbarazzo e l’irritazione della procura di Bari». Tutto «muove da una precisa ipotesi investigativa  legata a un complotto ai danni del presidente del Consiglio», sottolinea la direzione di Panorama ribadendo di aver «svolto tutte le verifiche indispensabili prima di pubblicare l'articolo e di non aver avanzato autonomamente alcuna ipotesi  limitandosi a riportare notizie raccolte a Bari». C’è stata la fuga di notizie, accompagnata però da «riscontri autorevoli e  conferme granitiche», precisa il direttore di Panorama, Giorgio Mulè. E forse qualcuno ha letto distrattamente, perché «in nessuna parte dell’articolo si sostiene - contrariamente a quanto si può desumere dalla lettura del comunicato della Procura - l’avvenuta  iscrizione nel registro degli indagati di magistrati, politici o giornalisti. Si sostiene e si ribadisce, invece, che magistrati,  politici e giornalisti “compaiono a vario titolo” nell’inchiesta così come autorevolmente riferito a Panorama», conclude la nota diffusa da Segrate. Mulè poi, parlando con Adnkronos, rilancia e si dice certo che «delle ricadute ci saranno e credo che saranno soprattutto politiche. Molto presto rileggeremo questa storia sotto una luce diversa». Mulè: c’è stata la fuga di notizie, accompagnata però da riscontri autorevoli e  conferme granitiche. E forse qualcuno ha letto distrattamente, perché in nessuna parte dell’articolo si sostiene l’avvenuta  iscrizione nel registro degli indagati di magistrati, politici o giornalisti. Si sostiene e si ribadisce, invece, che magistrati,  politici e giornalisti “compaiono a vario titolo” nell’inchiesta così come autorevolmente riferito a Panorama In attesa della seconda puntata dell’inchiesta di Panorama, la vicenda accende la campagna elettorale pugliese. Nichi Vendola, candidato per il Pd, sottolinea «l’ingenuità del Presidente del Consiglio» e descrive sarcasticamente un Berlusconi un po’ «caduto in trappola» e «un po’ come Alice nel paese delle meraviglie». Allo sfidante del Pdl, Rocco Palese, non resta che chiedergli conto del curioso giustizialismo a fasi alterne: «Come mai questa volta Vendola non esprime fiducia nel lavoro della magistratura? Perché non chiede immediata chiarezza?», si chiede accusando Vendola di «ergersi a paladino della moralità», anche se ha «definitivamente perso ogni titolo». Nessun altro commenta, nemmeno i politici che hanno ordito il complotto. di ANDREA MORIGI Gli incontri di maggio (dall’inviato a Bari Roberta Catania) Quattro appuntamenti in sequenza. Ecco cosa c’è al centro di una delle inchieste baresi, che Panorama ha collegato ad altre indagini dello stesso ufficio giudiziario arrivando a ipotizzare il grande complotto nei confronti di Silvio Berlusconi. Quattro «strani» incontri a distanza ravvicinata, avvenuti pochi giorni prima della «scossa» politica profetizzata da Massimo D’Alema, sono finiti in un faldone di via Nazariantz in qualità di «elemento da analizzare come possibile dimostrazione di una gestione dello scandalo D’Addario». Nessuno dei protagonisti di questa curiosa staffetta sarebbe al momento ufficialmente indagato, come ha chiarito ieri un comunicato della procura, ma a muoversi per i bar del centro del capoluogo pugliese, alla fine del maggio scorso (lo scoop del Corriere che dà voce alla escort è del 17 giugno 2009), sono proprio un politico, un magistrato, un avvocato, un giornalista e la “Patrizia nazionale”. Le caratteristiche dei presunti «burattinai», dunque, per i loro incarichi e le professioni che svolgono, ricalcano proprio le figure dell’affresco dipinto dal settimanale Mondadori, che ha ricostruito un «piano organizzato a tavolino per mettere alle corde» il Cavaliere. Le date sono fondamentali. Il 31 maggio è il giorno della conferenza stampa del premier all’hotel Palace, a due passi da Bari vecchia e di fronte al Bar Borghese, il locale dove vanno i principali attori di questa spy story. La foto della bionda 43enne vicino al premier, di fronte all’ingresso dell’albergo che aveva messo a disposizione la sala convation, è rimbalzata su tutti i giornali: lei in primo piano, bellissima e con la chioma bionda e liscia a incorniciarle il viso, mentre lui è sullo sfondo e non perfettamente messo a fuoco. Quel giorno la vigilanza le aveva impedito di entrare nella hall e, da lì, era esploso il finimondo. Nella speranza di vendicarsi, la escort aveva adocchiato un fotografo e, facendosi accompagnare a casa, gli aveva raccontato tutta la storia delle serate a Palazzo Grazioli. Patrizia voleva punire il premier per averla messa nell’angolo e, stando a quanto raccontato da lei stessa, per non averla aiutata a sbloccare un cantiere abusivo che la donna aveva ereditato dal padre. Questa è la versione ufficiale. Fino ad ora. Una ricostruzione che proseguiva con lo “scippo” dello scoop a quel fotografo, che il giorno dopo aveva contattato la propria redazione, perché «non si sa come» nel frattempo la D’Addario aveva cambiato avvocato e strategia, decidendo di non rilasciare interviste.  Anche se, come si è scoperto solo due settimane più tardi, per il Corriere della Sera il legale della escort farà un’eccezione, dando il via allo scandalo che partendo da Berlusconi passerà per gli assessori di Nichi Vendola e travolgerà il trait d’union, il giovane imprenditore Gianpaolo Tarantini.  Secondo alcuni riscontri della procura, invece, a monte ci sarebbero alcune mosse che difficilmente non sono collegate con quanto accaduto dal giorno in cui la prostituta decide di dare il premier in pasto alla stampa di tutto il mondo. Prima di quel 31 maggio, solo pochi giorni prima, ci sarebbero stati quattro incontri ritenuti importanti. Il primo, tra un politico del Pd e un magistrato. Un pm che presumibilmente sapeva della “bomba D’Addario” grazie ad alcune intercettazioni telefoniche. Da qui, oltre la fuga di notizie che spingerà D’Alema a parlare di «scossa», parte l’organizzazione del secondo caffè, quello preso di fronte alla prefettura dall’esponente del Partito democratico e un avvocato. A quel punto il legale prende appuntamento con la escort e, dopo avere esaminato le foto rubate a Palazzo Grazioli con il cellulare, scatta una seconda riunione al Bar Borghese a cui partecipa anche un giornalista. Poche ore dopo sarà accesa la miccia del grande scandalo che, a questo punto, prende sempre di più i contorni del complotto.