Il Csm boccia il Lodo Alfano
Le norme contenute nel ddl di riforma del processo penale, messo a punto dal Guardasigilli Alfano, relative al rapporto tra pubblico ministero e polizia giudiziaria, “non sfuggono a dubbi di costituzionalità”: il Consiglio superiore della magistratura alza il tiro sul Lodo Alfano e le parole che arrivano dal Palazzo dei Marescialli sono destinate a infuocare l’ambiente politico prima delle vacanze. Alla luce di alcune sentenze della Corte costituzionale, Palazzo dei Marescialli osserva che “la distinzione operata dall’art. 3, comma 1, lett. b, del disegno di legge tra sezioni di polizia giudiziaria e servizi di polizia giudiziaria appare difficilmente compatibile con l’assetto costituzionale nella parte in cui pone solo le prime ‘alla dipendenza’ dell’autorità giudiziaria, stabilendo per i secondi che agiscano ‘sotto la direzione dell’autorità giudiziaria’, ma non alle sue dipendenze”. Un linguaggio giuridico per dire, alla fine del discorso, che così com’è, il disegno di legge non va bene. Autorità e polizia giudiziaria - Si tratta, secondo il Csm, di “una diversificazione che non solo sembra contrastare con l’ampia dizione dell’art. 109 Cost. ma, soprattutto, risulta in contrasto con l’obiettivo di rendere maggiormente efficace l’azione investigativa che, nella prassi, è prevalentemente affidata ai servizi di polizia giudiziaria (notoriamente forniti di maggiori risorse umane e materiali)”. Questa diversificazione, si legge ancora nel parere, “indebolendo il rapporto di subordinazione funzionale della polizia giudiziaria rispetto al pubblico ministero, si traduce in una sottrazione alla magistratura dei mezzi necessari per compiere le indagini e per concluderle celermente, finendo così per incidere negativamente sull’obbligatorietà dell’azione penale”.