L'Onu critica il G8 sul clima

Silvia Tironi

Prima il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che giudica “non sufficienti” i progressi sul clima; poi la Cina che non è disposta a cedere sul taglio tra il 50 e l’80% dei gas serra: al G8 l’ambiente, inteso come quello diplomatico, si surriscalda di fronte all’inquinamento globale. “Le politiche che sono state annunciate fino ad ora non sono sufficienti”, sono state la parole del segretario generale delle Nazioni unite con le quali ha commentato il risultato dell’incontro di ieri. Al suo arrivo all’Aquila, Ban Ki-moon ha detto che “è un imperativo morale e politico e una responsabilità storica” quello di arrivare ad un accordo tra le parti, sia “per il futuro dell’umanità” che per “lo stesso pianeta Terra”. Il nodo Co2 - Mentre sul limite dell’aumento a due gradi della temperatura globale hanno tutti espresso il loro via libera, compresi i Paesi del Mef (un G8 allargato che comprende Australia, Indonesia, Corea del Sud e Danimarca), è la riduzione di Co2 il vero ostacolo da dover superare. E allora scendono in campo i leader che provano a smorzare i primi accenni di polemica. Da Obama a Berlusconi, la convinzione è che sia solo una questione di tempo. Il primo a ribadirlo è stato il presidente degli Stati Uniti nel corso del colloquio bilaterale con il collega brasiliano Lula. Anche il Brasile, tra l’altro, è una delle nazioni più scettiche e “ostili” al piano programmato dai Grandi. Prima della conferenza di Copenaghen di dicembre, “c’è ancora tempo per superare le differenze con i paesi emergenti”, ha affermato Obama. Per il premier italiano Silvio Berlusconi “è necessario trovare un’inchiesta sul clima e sull’ambiente”, pensando al principio “people first”, la gente prima di tutto. Più diretto il Primo ministro britannico Gordon Brown che ha chiesto ai paesi emergenti di avvallare la proposta senza esitazioni.