Martino a Fare Futuro:

Albina Perri

Per il futuro l’Italia deve sapersi dare un bipolarismo in grado di fare a meno della presenza di una forte personalità, come quella del Cavaliere. Antonio Martino, ex ministro della Difesa e tra gli artefici del centrodestra negli anni scorsi, confessa il suo pensiero in un’intervista rilasciata al magazine on line della fondazione Fare Futuro. Parole misurate per fare il punto sulla situazione istituzionale del nostro Paese e per cominciare a tratteggiare il futuro senza Silvio Berlusconi. “Il bipolarismo o bipartitismo che ci ritroviamo è affidato oggi alla forte personalità di Berlusconi”, afferma Martino, “una figura che non lascia indifferenti e tende a favorire la bipolarizzazione del sistema politico”. Ma occorre “un sistema che sia bipolare o bipartitico per le regole che lo disciplinano e non per l’esistenza di una forte personalità”. Quella di Martino è quindi una richiesta: trovare in Parlamento una legge elettorale che garantisca l’equilibrio uscito dalle ultime elezioni, dove “malgrado il sistema elettorale fosse proporzionale”, sono stati molti “i piccoli partiti scomparsi”. La soluzione per lui sarebbe un “sistema maggioritario a turno unico”, “all’americana per intenderci”. Accompagnata dalla riforma presidenzialista sul modello statunitense. “Che sia vero, però, e non fasullo”, specifica. “Capita sovente in Francia, e questo non va dimenticato, che il presidente, il primo ministro, e la stragrande maggioranza dei membri del Parlamento siano dello stesso partito: questo porta a un potere senza regole e controlli. È molto meglio un sistema basato sul potere diviso, un sistema in cui l'elezione del capo del governo non dipende dalla maggioranza parlamentare, con il risultato che l'esecutivo può fare l'esecutivo e il legislativo può fare il legislativo”. Al momento invece sia il Parlamento che il governo sono condizionati nelle loro azione perché “abbiamo un sistema assurdo, nel quale le leggi vengono fatte dal Governo e il Parlamento si limita a ratificarle. E l'esecutivo, dall'altra parte, dipende dal voto del legislativo per restare in piedi”.