Le impronte ai rom no

Albina Perri

Ai rom non si possono prendere. E’ un atteggiamento razzista. E l’Unione europea certamente non vuole apparire tale, così ordina al ministro dell’Interno italiano, Roberto Maroni, di non continuare sulla strada delle impronte digitali ai nomadi. Però le impronte digitali degli italiani sulle carte d’identità non fanno notizia, anzi. Ci sono già. Per esempio nel comune di San Bendetto al Tronto, località turistica in provincia di Ascoli, sulla costa adriatica dell’Abruzzo. La conferma non arriva solo dal sindaco della località, Giovanni Gaspari, ma anche dal vice prefetto Felice Colombrino, dirigente dell’ufficio stampa del Viminale: “E’ un progetto che era partito, poi era stato interrotto, poi ripreso nuovamente”, dichiara a Libero-news facendo riferimento alle carte d’identità elettroniche. “Contengono un microchip con tutti i dati, comprese le impronte digitali degli italiani. In questo modo non funzionano soltanto da carta d’identità, ma sono utili per altri scopi, ad esempio quelli sanitari”. A San Benedetto del Tronto le carte elettroniche sono arrivate nel 2002 e, come si legge in articolo del 15 settembre di quell’anno su Sambenedetto oggi, “entro il 2003 tutti residenti del Comune di San Benedetto avranno in tasca la carta di identità elettronica, una piccola tessera. L’idea in fase di sperimentazione partì circa due anni fa e fu seguita dall’allora Assessore alle Finanze Giovanni Gaspari. Una tessera con microchip in grado di memorizzare dati e programmi, con la quale sarà possibile accedere ai propri dati in tutti gli sportelli di Enti Pubblici e Privati”. Poche righe sotto la conferma che queste carte contengono le tanto vituperate impronte digitali: “Inoltre nella smart card verranno inserite anche le impronte digitali non leggibili a occhio nudo ma solo con un lettore ottico”. Ma non è tutto. E’ datato 10 dicembre 2004 un documento del Consiglio dell’Unione europea che ha per oggetto il “regolamento del Consiglio relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri”. Il linguaggio è quello tecnico e burocratico, ma basta sfogliare le pagine del regolamento per venire a sapere, all’articolo 2, che “i passaporti e i documenti di viaggio hanno un supporto di memorizzazione che contiene un’immagine del volto. Gli Stati membri aggiungono inoltre le impronte digitali in formato interoperativo”. L’articolo seguente riporta che “il presente regolamento si applica ai passaporti e ai documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri”. Interessante il fatto che “non si applica alle carte d’identità rilasciate dagli Stati membri ai loro cittadini”. I documenti così prodotti sarebbero già dovuti essere in circolazione, ma alcuni problemi tecnici hanno compromesso il loro rilascio. Non erano mancate le polemiche in ambito europeo sull’adozione degli elementi biometrici, ma da un articolo di EurActiv.com pubblicato il 9 novembre 2004 e poi aggiornato il 24 aprile 2006, si possono reperire le pozioni ufficiali dell’Europa. Antonio Vitorino è l’ex commissario portoghese alla Giustizia e agli Affari interni per l’Unione e, di fronte alle critiche per questi provvedimenti, rispondeva che i nuovi documenti accoglievano le richieste dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale e che l’introduzione di elementi biometrici avrebbero dovuto migliorare l’accuratezza di identificazione e reso più sicuri i documenti dal rischio di contraffazione. Appare evidente come la strategia dell’Ue fosse condizionata anche dall’allarme terrorismo scattato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 a New York e Washington da parte di Al Qaeda. Evidentemente all’Europa devono fare più paura i suoi cittadini già in possesso di documenti d’identità piuttosto che le popolazioni nomadi che si muovono sul continente senza nemmeno poter essere censiti. Giusto per capire chi passa per casa nostra.