La Finlandia va alla 'guerra'

Dario Mazzocchi

Tra la Finlandia e il presidente del Consiglio non corre evidentemente buon sangue. Le prime avvisaglie di guerra si erano avuto in occasione della nomina di Parma come sede dell’agenzia europea per la sicurezza alimentare. Era il 2004 il Cavaliere, al suo secondo mandato come presidente del Consiglio, se ne era uscito con una battuta: per vincere sulla rivale Helsinki, aveva fatto il playboy con la presidente finlandese Tarja Halonen. Oggi dalla penisola scandinava tornano alla carica, con un manifesto del Keskusta, il Partito di centro, del premier Matti Vanhanen. Dal titolo si capisce tutto: “Berlusconi è contro la Finlandia”. Come se si trattasse seriamente di una dichiarazione di guerra. Il testo fa riferimento alla fantomatica chiesetta in legno del '700 ed alla altrettanto fantomatica visita ufficiale del Presidente del consiglio italiano durante la quale andò ad ammirarla dopo tre ore di viaggio. Il portavoce del ministro degli Esteri finlandese, Alexander Stuub, nei giorni scorsi aveva dichiarato: Berlusconi non è mai stato in visita ufficiale da noi. Nel 1999 fu in Finlandia in visita privata, per partecipare ad una riunione del Partito Popolare Europeo al quale Forza Italia aveva aderito l'anno prima. In quella occasione, dice sempre il ministero degli esteri finlandese, il Cavaliere non fu accompagnato dai dirigenti del Kansallinen Kokoomus (Alleanza nazionale), che fa parte del Ppe, in nessuna chiesetta di legno. È tempo di campagna elettorale anche in Finlandia, evidentemente: il Keskusta, con il manifesto anti-Silvio, punta a prendere di mira il partito del Kokkomus, colpevole di stare nel Parlamento europeo dalla stessa parte del Popolo della libertà. Stando agli ultimi sondaggi, i tre maggiori partiti della Finlandia (Keskusta, Kokoomus e Partito socialdemocratico) dispongono all’incirca del 25% dei voti a testa. Si stanno giocando gli ultimi voti in vista delle urne del 7 giugno. E, ironia della sorte, anche in questo caso la vittoria non potrà che passare per Silvio Berlusconi, considerata la piega che ha preso la campagna elettorale.