Già smontato
Ho grande stima di Mario Monti. L'uomo è serio, preparato e, per quel che lo conosco, anche sufficientemente rigido da non piegarsi alle convenienze politiche. In due parole è un tecnico perfetto, che non ha la malizia né la furbizia di certi filibustieri che risiedono nel Palazzo. Proprio questo credo lo renda inadatto al ruolo che si è scelto o che qualcuno gli ha voluto affibbiare. Spero di sbagliarmi, perché significherebbe che il professore prestato dalla Bocconi a Palazzo Chigi ce l'ha fatta e l'Italia ha il suo governo d'emergenza: magari non proprio democratico, ma funzionale al momento. Ho paura però che non sarà così e che alla fine Monti sarà costretto a gettare la spugna o, più probabilmente, a prendere il largo senza aver imbarcato la ciurma che vorrebbe. Per giunta a corto di viveri per affrontare una lunga e pericolosa navigazione. All'inizio, quando Giorgio Napolitano lo ha chiamato per affidargli il prestigioso incarico, il gioco sembrava facile. Si trattava di mettere i partiti con le spalle al muro e obbligarli a sostenere l'esecutivo. Con la pistola dei mercati alla tempia questi non avrebbero potuto dire di no e avrebbero dovuto cedere acconsentendo alla nascita di un governo tecnico da loro stessi sostenuto. Bersani, Berlusconi, Casini e Fini, pur guardandosi come cani e gatti avrebbero dovuto accomodarsi nella stessa cuccia, convivendo fino alle elezioni. Ma l'uovo di Colombo rischia di trasformarsi in una frittata. Il motivo è semplice. Al momento, tutti quanti i partiti hanno detto sì alla richiesta mossa dal Colle. Con la sola eccezione della Lega, tutti - compreso Di Pietro - hanno dovuto sottostare al diktat dei mercati. Tuttavia, ora che Monti è stato incaricato, si scopre che l'idea dell'ammucchiata potrebbe finire male. Nessuno infatti si vuole assumere la paternità del nuovo esecutivo, il quale rischia di nascere senza padre e senza madre. Alla richiesta di metterci la faccia e di far parte del nuovo governo Pier Ferdinando Casini ha detto di no, altri niet seguiranno oggi quando saranno ricevuti Bersani e Alfano. I leader dei tre principali partiti che dovrebbero sostenere Monti non hanno alcuna intenzione di fare i ministri di un professore che prepara una ricetta di lacrime e sangue. Molto meglio lasciare ai tecnici la responsabilità dell'orribile intruglio, consentendo al massimo una spruzzatina di esperti vicini all'una o all'altra parte politica. Per quanto appoggiato da una larghissima maggioranza, quasi una coalizione di salvezza nazionale, il governo rischia dunque di vedere la luce già orfano, in quanto i partiti vogliono tenersi le mani libere. Così, quando si tratterà di sostenere le misure sulle pensioni, la riforma dell'articolo 18 o i tagli agli stipendi pubblici, Bersani potrà sfilarsi, lasciando a Pdl, Terzo polo e pochi altri il compito di votare. E il Popolo della libertà farà lo stesso qualora arrivasse al pettine il nodo della patrimoniale. In pratica, oggi si scopre quanto sospettavamo e cioè che tenere insieme una maggioranza eterogenea e divisa su tutto non sarebbe stata una passeggiata. Condurre una nave tra i marosi della politica richiede una discreta abilità e una buona conoscenza delle acque in cui si naviga, altrimenti si rischia di finire sugli scogli. E che il pericolo di naufragio sia concreto lo si è visto ieri. A differenza di quanto immaginavano alcuni ingenui, il nome di Monti non è bastato a tranquillizzare i mercati. La Borsa, dopo un avvio promettente, ha preso una brutta piega, lo spread è ritornato a sfiorare i 500 punti e l'asta dei titoli di Stato si è chiusa con tassi da record che non si vedevano da quattordici anni. Ciò dimostra che Berlusconi non piacerà a molti, ma chi deve speculare se ne infischia se a guidare l'Italia c'è lui o qualcun altro: finché riesce, gioca a investire i propri soldi dove si ottengono migliori rendimenti. Che lo faccia al ribasso o al rialzo poco importa: l'unica cosa chiara è che i mercati non votano, vogliono semplicemente guadagnare. E dato che hanno individuato nell'Euro e nei titoli di Stato della vecchia e indebitata Europa una fonte per fare affari, si sono gettati a capofitto sulle prede. Le quali sono di volta in volta la Grecia, l'Italia e non è detto che presto non tocchi anche alla Francia. Il problema dunque non è Berlusconi, Monti o chiunque altro ci sia, ma la cara e anziana signora che pare indecisa a tutto tranne che a rinunciare ai propri riti e ai propri comodi. Avanti di questo passo e a forza di ritenere che i problemi siano solo di questo o quel Paese, finirà che l'Euro andrà a pallino e l'Europa si sfascerà. E a pagare non saranno solo i greci e gli italiani, ma anche quei signori tedeschi e francesi che sghignazzando credono di poter guardare il mondo dall'alto del loro complesso di superiorità. di Maurizio Belpietro