Red Bull ti mette le ali

Marco Gorra

 Di sicuro c'è solo che se ne è scolate quattro lattine. Dopodiché Chloe Leach, 21 anni, studentessa dell'est Inghilterra, è caduta per terra mentre ballava in una discoteca a Sugarmille, morta di attacco cardiaco. E tutta quella caffeina, hanno detto i medici, difficilmente può non avere contribuito a mandarle il cuore fuori giri. L'eventuale coinvolgimento del celebre energy drink - che di questi tempi nei locali va per la maggiore, si beve con la vodka - è più significativo perché, difformemente dalla casistica media, è clinicamente provato che stavolta la droga non ci ha messo del suo. La ragazza, fragile di suo, aveva preso un farmaco contro l'epilessia, e fine dei principi attivi nel sangue. Niente schifezze. Solo la Red Bull. A un certo punto gira pure la voce che ci sia qualcuno che avvelena le bevande, dopo che un dj ha accusato dei malori: ma in questo caso la droga c'entra, e il problema sono appunto le bustine che il malaugurato ha in tasca. Altro paio di maniche. Resta da capire come Chloe sia morta. La fragilità di cui sopra gioca un ruolo decisivo: la ragazza soffriva della sindrome Romano-Ward, che crea problemi a livello di carica elettrica del cuore. Disturbo non da poco, che tuttavia non le aveva impedito di essere "la migliore allieva del suo corso" (professori), e "una ragazza ottimista e felice" (amici). Quattro lattine di Red Bull dopo - l'equivalente di otto caffè, però presi nel giro di due ore allungati nell'alcool - la fatale aritmia. Il cuore che si inceppa. I dottori allargano le braccia: "Tutta quella caffeina...".