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Facci: I mandati di arresto non si tengono nel cassetto ma se c'è di mezzo il Cav...

Lucia Esposito

E' vero, i mandati d’arresto non si possono tenere nei cassetti:  tantomeno a Napoli e tantomeno per Berlusconi. Ma a parte il fatto che talvolta ce li hanno tenuti - vedi caso Raul Gardini - sappiamo tutti che basta tenerceli in bianco, pronti da firmare: poi basterà l’avallo di un gip senza che il procuratore capo ne sia neppure a conoscenza o approvi la cosa. È sufficiente l’iniziativa di un qualsiasi pm di una qualsiasi procura, uno che magari abbia aperto una qualsiasi indagine di cui nessuno sospetta. L’arresto è un attimo. Accadde a Carlo De Benedetti nel 1993: interrogato a Milano, d’un tratto spuntò un ordine d’arresto da Roma che nessuno si aspettava - avallato dal gip Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, ma poi respinto da un altro gip - e accadde anche a Bettino a Craxi nel 1994, quando era appena decaduto da parlamentare; pur nelle mire della procura di Milano, da Roma se ne saltò fuori il pm Francesco «Ciccio» Misiani - tra i fondatori di Magistratura democratica - che chiese a gran voce l’arresto del leader socialista, frattanto già espatriato. Ora: se andate a vedere quante indagini farlocche su Berlusconi sono state aperte negli ultimi vent’anni, accanto ad altre più serie, capite bene che il problema quantomeno esiste. Inquisire il Cavaliere è sempre stata una premiante tentazione: anche quando le indagini non portavano a nulla. Figurarsi arrestarlo, in un Paese che è stato capace di applaudire anche un souvenir scagliato sul cranio. Filippo Facci