Il commento
Imu abolita, Paragone: è un finto taglio per puntellare le larghe intese
Carta Imu perde, carta Service tax vince. Signori puntate, fate il vostro gioco sul tavolo del più classico gioco napulitano: il tavolo delle larghe intese. Occhio però, nel gioco napulitano il capo vince sempre. «Non sarà l’Imu camuffata», ha dichiarato Enrico Letta cadendo nel vecchio trucchetto dell’excusatio non petita, accusatio manifesta. La tassa sui servizi è l’Imu camuffata, anzi ne è una brutta copia. Come ho sentito dire al bar (non potendo commissionare sondaggi mi affido al mio bar, di solito ci azzecca): l’Imu faceva pena, questa cosa fa schifo. Ammetto, non abito nelle vicinanze di Oxford… Provo quindi a rendere un po’ più elegante il pensiero del bar. L’Imu era una tassa profondamente ingiusta, questa sui servizi è una tassa di cui non si capiscono i contorni né la base giuridica. Per questo, a primo impatto, viene da fare un ragionamento semplice semplice: se togli una tassa, quel buco va coperto. Aggiungo che poiché le casse dei comuni sono più inguaiate di quelle dello Stato, non m’azzarderei a sostenere che alla fine pagheremo qualcosa in più. Comunque sia la somma deve fare il totale, a maggior ragione in un governo che appena l’Europa fa bù sul patto di stabilità trema come una foglia. La rata di giugno che dovevamo versare a settembre non si paga, quella successiva in qualche modo sì. Lo metto nero su bianco, vediamo poi chi avrà ragione. A ciò vanno aggiunti due ulteriori fattori. Il primo si chiama Iva; il secondo si chiama legge di stabilità: pane al pane vino al vino, quello che manca per arrivare ad accontentare la Germania, la Bce e i tecnocrati di Bruxelles lo dovremo mettere noi cittadini. Ma tu guarda come migliorano i tempi… La coperta è sempre la stessa ed è una coperta corta, ecco perché trattasi di gioco delle tre carte. Capisco il giubilo di Letta e di Alfano che proseguono nel gioco degli statisti; non capisco il giubilo nel centrodestra: tolgono una tassa e ne mettono un’altra. Che gira sempre attorno alla casa. Tante grazie! (Ecco perché il poco oxfordiano amico del bar ha ragione.) «È una tassa federalista», hanno aggiunto quelli del governissimo. E chi se ne frega: il portafoglio si apre lo stesso. Colgo l’occasione per aggiungere che se sento ancora qualcuno parlare di federalismo metto mano alla pistola: da quando (e io ho le mie colpe, non so se basta chiedere ogni mattina perdono) si parla di federalismo, le tasse sono aumentate. Meno male che la battaglia doveva portare a un dimagrimento dello Stato e a una diminuzione del carico fiscale! A voler essere preziosi, il federalismo dei sogni doveva persino migliorare la qualità dei servizi pagati. Il redde rationem è assai sconfortante. Per chiudere. Berlusconi s’è detto soddisfatto. «Era nel nostro programma». Siccome a sinistra una cosa originale non sono capaci di dirla da tempo, anch’essi hanno cantato vittoria. Iolanda! Il giubileo del Palazzo evidenzia la sola vittoria reale: l’esecutivo Letta è un po’ più blindato. E se Berlusconi volesse farlo cadere per il voto che lo riguarda diventerebbe evidente che le questioni giudiziarie contano più di quelle economiche (su questo però io ho già espresso come la penso). Come mossa tattica non mi sembra un granché. Mi sembra chiaro che l’autunno prossimo venturo sarà un autunno di tasse da pagare e non il contrario. In più assisteremo a un aggiustamento dei conti: vedrete se a novembre/dicembre questo Parlamento zoppicante sarà chiamato a discutere una nuova manovra. E saranno dolori. Gli annunci di queste ultime settimane sono annunci balneari, sono proclami scritti sulla sabbia. Sono partite di giro perché nessun nodo vero è stato non dico sciolto ma nemmeno affrontato con serietà. Si galleggia. Si guadagna tempo galleggiando con le parole, in attesa di chissà quale Godot. Le larghe intese sono il peggior guazzabuglio che una politica debole potesse pensare. Di questo pessimo risultato il responsabile principale si chiama Giorgio Napolitano. Il suo disegno di vecchio migliorista (accompagnato dagli applausi di quei cantori del politicamente corretto, gli stessi che si sbracciavano per osannare il pessimo Mario Monti) è la causa di questo galleggiamento. Il Napolitano bis sta producendo i medesimi risultati del ritorno in panchina di Lippi agli ultimi mondiali. Lippi almeno un mondiale lo vinse e soprattutto ebbe la dignità di dimettersi. Re Giorgio no. di Gianluigi Paragone